Marito e moglie possono abitare in appartamenti diversi e non pagare l’Imu, in quanto “prima casa”. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, il Comune si deve adeguare e stralciare dai propri conti mezzo milione. Ma? Allo stesso tempo parte la caccia ai “furbetti”. Sono 450 i cittadini che usufruiscono dello sconto e Palazzo Garampi vuole assicurarsi che le residenze non siano fittizie. Come? Controllando i consumi delle utenze domestiche, la scuola frequentata dai figli, il medico di famiglia, il luogo di lavoro.
Cosa è successo
Nel 2022 la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto all’esenzione dall’Imu ai coniugi che risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente in immobili diversi. Il pronunciamento ridefinisce l’abitazione principale definendola come il luogo dove un soggetto ha la residenza anagrafica e la sua dimora abituale, a prescindere da quelle degli altri componenti della famiglia. L’esenzione deve quindi essere riconosciuta anche alle persone riunite in matrimonio o in unione civile che vivono in immobili diversi, dove hanno dimora abituale e residenza anagrafica, per ciascuno dei rispettivi immobili, sia se ubicati nello stesso Comune, sia se in Comuni diversi.
La conseguenza
A partire dal 20 ottobre 2022 dunque non è più richiesto il pagamento dell’Imu come seconda casa al coniuge residente, che vi dimori abitualmente, mentre l’altro vive in un altro immobile, in precedenza individuato come unica abitazione principale per tutto il nucleo familiare.
Non solo. La sentenza ha valore retroattivo, con possibilità quindi di richiesta di rimborso per gli aventi diritto, sui quali la Cassazione pone l’onere di provare la sussistenza delle condizioni previste per il riconoscimento dell’esenzione.
Facciamo due conti
Per la “finanziaria” del Comune, in questi primi mesi del 2023 tutto si traduce in mancate entrate per circa 500mila euro, già previsti nella variazione di bilancio di settembre, mentre i cittadini coinvolti sono circa 450.
“Bello, però”
Palazzo Garampi a questo punto non entra nel merito della sentenza, però non starà con le mani in mani. Già da tempo, viene spiegato, è stato elevato il livello dei controlli per far sì che questa nuova interpretazione della «norma non presti il fianco a irregolarità, a comportamenti fraudolenti e richieste di esenzioni e di rimborsi senza averne diritto».
Un’azione che si rafforzerà nei prossimi mesi. Come? Verificando la veridicità delle dichiarazioni dei nuclei famigliari e quegli aspetti che dimostrano l’effettiva presenza all’interno dell’abitazione per cui si chiede l’esenzione Imu: consumi delle utenze domestiche, frequenza scolastica dei figli vicino casa, scelta del medico di base, luogo di lavoro.