Ben 30mila abiti riciclati in 11 anni. È il risultato centrato da Barbara Zavatta, fondatrice nel marzo 2012 del negozio “Piano B” di via Gambalunga. Non era la classica bambina che vestiva le bambole, ma la moda è sempre stato il pane quotidiano per Barbara, che ha lavorato a lungo anche come commessa.
Il suo radar per le novità ha dato la spinta all’avventura da imprenditrice. Racconta Barbara: «Nel 2012 erano saliti alla ribalta i mercatini in franchising, dedicati a vestiti e accessori per bambini». Con successo si stavano diffondendo anche i party di ispirazione anglosassone, «in cui scambiarsi capi d’abbigliamento fra amiche».
Così Barbara si decise al salto nel buio, cercando una sede centrale ma dove parcheggiare non fosse un’odissea. Fonda “Piano B”: con entusiasmo ma senza un soldo. Prosegue l’imprenditrice: «Persino i mobili erano in prestito o presi da casa mia». Unica eccezione gli appendiabiti commissionati a un fabbro. Negli anni “Piano B“ ha cambiato sede ma restando sempre in via Gambalunga. Un passo alla volta, «pensando che tutto potesse finire da un giorno all’altro», Barbara riceve consensi e il passaparola viene potenziato dalla cassa di risonanza dei social, che cura in prima persona «come autodidatta».
Le grandi marche
Oggi il suo mercatino di usato contemporaneo, dove funge da intermediaria mettendo in conto vendita i capi, è la Mecca delle professioniste riminesi, età media 40 anni, ma anche di turisti stranieri. Il negozio si trova nella direttrice dell’università ma latitano i giovani, forse per una questione di prezzi bassi ma non abbastanza per loro. Un accessorio intramontabile restano i trench di Burberry e le borse di marca iconica, che convincono anche chi non è appassionato di usato. Tra i volti noti passati dalle sue quattro mura, menziona l’attrice Serena Grandi a cui disse “no”, rifiutandosi di acquistare abiti che non rientravano nelle corde della sua clientela. L’attrice teatrale, Silvia Calderoni dei Motus acquistò invece un paio di pantaloni di Yohji Yamamoto, difficili da portare ma che a lei andavano a pennello.
Il capo del rimpianto
Numerosi i cambiamenti a cui Zavatta ha assistito, c’è voluto tempo prima che i concetti di riciclo e risparmio green fossero compresi. Anni d’oro restano il 2017 e 2018, mentre la pandemia ha fatto esplodere l’interesse per l’usato lanciando piattaforme online, ma il negozio ha tenuto botta.
In 11 anni e 30mila vestiti riciclati, solo una volta si è pentita di non aver tenuto per sé un capo. Si trattava di un gilet di Comme des Garçons a edizione limitata che ora varrebbe svariate centinaia di euro. «La mia filosofia non è l’unico punto non sottoposto a tendenze», conclude citando la scrittrice Lina Sotis: «“Un vestito che fa felice una sola donna è un vestito stupido. Far girare gli abiti ha un senso molto meno frivolo di quel che sembra”».