Rimini. L'accoltellatore si difende: "Volevo solo spaventare"

Ha riacquistato parzialmente la memoria Pellumb Jaupi il muratore albanese che martedì scorso, in meno di un’ora, ha cercato di mettere fine a colpi di coltello alla vita dell’ex moglie e dell’uomo accusato di essere stato la causa della fine del suo matrimonio. Lo ha fatto ieri durante l’udienza di convalida del fermo e dell’arresto per duplice tentato omicidio aggravato dalla premeditazione.

La sua verità

Incalzato dalle domande del pubblico ministero Davide Ercolani, diventato titolare dell’inchiesta perché diretta “emanazione” dell’indagine per stalking per cui il 54enne lunedì 28 febbraio si sarebbe dovuto difendere in Tribunale, il mancato duplice omicida ha solo in minima parte ammesso i fatti. Ieri, per esempio, ha ricordato d’aver colpito al ventre l’ex moglie davanti la casa della donna a Morciano, «volevo farle paura ma niente di più». Non ha spiegato però cosa gli ha fatto brandire un coltello che lui nega d’aver appositamente acquistato, affermazione puntualmente sconfessata dalle indagini dei Carabinieri della Compagnia di Riccione. Non è stato invece in grado di ricordare il numero dei fendenti che le ha inferto e neppure d’averla presa a calci in faccia e sul tronco trapassato due volte dalla lama lunga 20 centimetri quando si è accasciata a terra. Ricordi molto parziali anche su quanto avvenuto all’interno dell’hotel Butterfly dove si è precipitato per un secondo faccia a faccia con l’albergatore Nicola Scarcia (il primo c’era stato domenica scorsa) accusato di essere l’amante dell’ex consorte. «Ho perso la testa dopo che mi ha ripetuto di non conoscere mia moglie mentre sua sorella Barbara (rimasta ferita a una coscia) gli diceva che aveva lavorato nel loro albergo per cinque anni». Ha sostenuto però che non era sua intenzione fargli male «per quello quando mi sono reso conto d’aver ferito entrambi ho urlato di lasciarmi andare perché volevo uccidermi».

Cosa lo ha armato

A giudice e pubblico ministero ha ripercorso gli ultimi mesi della sua vita, in particolare dal 21 novembre scorso, data in cui la giudice Benedetta Vitolo aveva emesso l’ordinanza restrittiva che gli impediva di avvicinarsi all’ex moglie a meno di mezzo chilometro. Con amarezza ha spiegato di essere stato colpito dal Covid e d’essere stato costretto a rimanere in casa per tutto il mese di gennaio. Un periodo durissimo emotivamente perché, nonostante i bisogni di una persona in isolamento, «non ho ricevuto una sola telefonata di conforto dai miei figli».

«Quello che posso dire è che non so cosa sia maturato nella sua testa in quel periodo. Non l’avrei mai immaginato nella mia testa». Lo ha ripetuto anche ieri l’avvocato Giulianelli che ha conosciuto il muratore proprio per l’inchiesta sfociata nel processo per stalking. «Un uomo che in 20 anni di vita in Italia non ha mai avuto nessun problema. Che anche durante il faccia a faccia a suo tempo con la giudice Vitolo non ha manifestato che potesse lasciar intravvedere una esplosione di tanta violenza». Per capirlo il suo avvocato annunciare l’intenzione di chiedere per il suo assistito una perizia psichiatrica.


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