Rimini. Killer della stazione, il pm chiede 16 anni

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Il pubblico ministero ha dato dimostrazione di non avere intenzione di fargli sconti di nessun genere. La pena massima, se si fosse trattato del rito ordinario, sarebbe stata di 24 anni, che ridotta di un terzo, come previsto dall’abbreviato, diventano 16. Sedici anni è infatti la pena chiesta dalla pubblica accusa per Antonio Rapisura, detto Tony, il filippino 52enne che domenica 21 dicembre 2021 uccise il connazionale 74enne Galileo Landicho tagliandogli la gola. L’accusa è quella di omicidio volontario, ma per la difesa, quello commesso da Rapisura sarebbe in realtà un omicidio preterintenzionale. «Non aveva la volontà di ucciderlo – hanno ribadito gli avvocati Alessandro Petrillo e Monica Rossi, nell’udienza di ieri mattina davanti al giudice –. La morte è stata una conseguenza non voluta». “Volevo solo spaventarlo”, del resto, è stata una delle prime dichiarazioni rese dal 52enne agli inquirenti al momento della cattura. In una lunga e appassionata arringa, i legali dell’omicida hanno sostenuto la mancanza della prova del dolo, quindi dell’intenzionalità di porre fine alla vita dell’uomo di cui Rapisura si era detto “profondamente geloso”, tanto, appunto, da uscire di casa prendendo dall’auto un coltello che usava per tagliare le piante e raggiungere il 74enne lì dove sapeva che lo avrebbe trovato. Alla pensilina degli autobus davanti alla stazione. «Abbiamo chiesto – sottolineano i legali Petrillo e Rossi – che il giudice possa concedere le attenuanti e ridurre la pena rispetto a quanto domandato dal pubblico ministero. Per il 7 marzo è fissata la prossima udienza, quella in cui il caso giudiziario potrebbe giungere a sentenza.

La vicenda

Secondo quanto ricostruito dagli agenti della polizia di Stato, le ragioni del gesto estremo affondano le radici nella gelosia che l’assassino provava nei confronti della vittima. Rapisura aveva infatti accusato Landicho di aver approfittato di un suo viaggio di lavoro per far visita alla moglie a casa in orario inappropriato. Ecco allora che il 21 novembre, dopo aver saputo dai social che il giardiniere 74enne era andato a una festa tra filippini a Marina centro, Rapisura lo raggiunge alla fermata davanti alla stazione. Sa che Landicho non ha la patente, e conosce la sua abitudine di salire sul 160 da quella pensilina. L’omicida esce di casa dicendo alla moglie che va a fare jogging, ma le telecamere “racconteranno” agli investigatori della Squadra mobile che Rapisura se ne è andato spingendo una mountain bike da ragazzino, che poi ha preso dal bagagliaio della sua auto un lungo giaccone scuro e anche un coltello, infilato nella tasca del giubbotto.

Bicicletta e coltello, però, non sono mai stai ritrovati (sarebbero stati gettati in un cassonetto), così come per circa un mese il “killer della stazione” è rimasto senza nome. Ma qualche giorno prima di Natale, dopo indagini serrate e migliaia di filmati visionati, di intercettazioni e appostamenti, il cerchio si è definitivamente stretto intorno ad Antonio “Tony” Rapisura”, allora 51enne, con moglie e tre figli, custode e tuttofare. Catturato dalla polizia, ha confessato l’omicidio, dicendosi “distrutto” e intenzionato in realtà a dare a Galileo, un tempo suo amico, niente più che una lezione.

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