Rimini. Infedele patrocinio, assolti due avvocati

Rimini

La Corte d’appello di Bologna ha confermato la piena e definitiva assoluzione per due legali riminesi a lungo accusati di appropriazione indebita e infedele patrocinio.
La procura e la parte civile, dopo la sentenza di primo grado emessa dal Gip Vinicio Cantarini, avevano fatto ricorso, ma i giudici bolognesi hanno ribadito l’estraneità alle accuse degli imputati, entrando nel merito della vicenda nonostante il fatto che, stando ai calcoli della difesa, i reati contestati fossero già prescritti. Il procuratore generale, nella requisitoria di venerdì scorso, era però tornato a chiedere per entrambi gli imputati la condanna a un anno di reclusione ciascuno.
I due professionisti finiti sotto accusa più di sette anni fa (uno è difeso dall’avvocato Moreno Maresi, l’altra dall’avvocato Paolo Gasperoni) erano sospettati, ingiustamente alla luce dell’esito del procedimento penale, di aver intascato indebitamente e in maniera fraudolenta parte della quota di risarcimento spettante alla vedova e ai figli di un paziente morto per colpa medica. Si badi che erano stati loro stessi a intraprendere e vincere la causa civile a nome dell’intera famiglia della vittima.
A metterli nei guai erano state le dichiarazioni del fratello del morto: dopo avere ingannato gli atri legittimi destinatari del risarcimento aveva indicato i legali come presunti corresponsabili. L’uomo se l’è cavata con un patteggiamento a un anno e otto mesi.
La vicenda parte dalla tragica morte, in ospedale, di un 32enne albanese avvenuta il 17 maggio 2004. Due giorni prima l’uomo viene accoltellato nel corso di una colluttazione da una coppia di connazionali, riportando ferite gravi ma che se curate in maniera adeguata avrebbero potuto non rivelarsi letali. Il procedimento penale si conclude con l’assoluzione dei feritori (legittima difesa: la vittima era tra gli aggressori), ma dalle cartelle cliniche sequestrate dagli investigatori nel corso dell’inchiesta, emergono dubbi sulle modalità dell’intervento dei sanitari. Parte quindi un parallelo procedimento civile per “colpa medica”, nel quale i due avvocati avevano investono tempo, professionalità ed energie dopo aver stipulato con gli eredi, vedova compresa, un patto di quota lite. L’assicurazione dei medici alla fine paga, ma il fratello della vittima che fa da tramite con gli altri parenti, intasca grazie a procure che si riveleranno false, paga gli onorari e trattiene per sé parte del risarcimento. Quando viene smascherato tenta di gettare la colpa sugli avvocati. Un’accusa infamante, rivelatasi falsa.

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