Rimini in C: la beffa dell'algoritmo è stata cancellata

L’8 giugno del 2020 la Federcalcio formalizzava con una delibera la retrocessione del Rimini in serie D. La prima, non l’unica, retrocessione della storia calcistica per pandemia.

La beffa dell’algoritmo

Una decisione che si basava su un gelido algoritmo, penalizzante ben oltre i propri demeriti un Rimini ultimo in classifica (in compagnia del Fano) a 11 giornate dal termine, ma che è stata pervicacemente prima partorita e poi difesa da dirigenti sportivi che non hanno guardato in faccia a niente e nessuno: non contavano storia, solidità e serietà gestionale, la partecipazione della città. Nella tragedia scatenata dal Covid si doveva prendere in fretta una decisione che ha penalizzato enormemente non solo il Rimini Football Club, ma tutto il movimento sportivo cittadino.

Tre ricorsi respinti

E a nulla sono valsi i tre ricorsi alla giustizia sportiva ed amministrativa portati avanti da un coraggioso e nello stesso tempo rassegnato presidente Giorgio Grassi. Il calcio riminese era semplicemente ad un nuovo capolinea, ad una nuova ripartenza, ad una palingenesi con tanto di cammino di espiazione nel deserto, questa è la serie D, prima di approdare ad una nuova terra promessa.

La ripartenza, l’ennesima, ha un autore ed un protagonista ben definito, Alfredo Rota che appunto due anni fa ha preso in mano le redini della società. Il passaggio di consegne di per se è stato tranquillo, una telefonata, un prezzo, una firma, tutto in pochi giorni. Ma come tutte le faccende societarie che riguardano il calcio, in specie a Rimini, sono state necessarie alcune scosse di assestamento per far concludere l’andamento ondulatorio di cordate, allenatori e direttori sportivi. Insomma, la prima estate con Rota presidente non è stata semplice. Poi tre fatti certi, la scelta dell’allenatore, Alessandro Mastronicola, del direttore sportivo, Pietro Tamai dopo il dietrofront di Alfio Pelliccioni, e la conclusione, favorevole a Grassi e quindi a Rota, di un procedimento per sequestro del 100% delle quote societarie intentato da Danilo Mariani, un candidato acquirente. Pronti si parte, ma è una falsa partenza, si assommano errori tecnici e gestionali. Mastronicola allena una squadra forte, ma non fortissima, entra in rotta di collisione con il direttore sportivo, e non ne fa mistero, il clima è incandescente, il tecnico ha un diverbio grosso con il difensore Gigli prima del match di Mezzolara, si dimette, ma dopo un breve interregno di Adrian Ricchiuti, viene reintegrato quando sembrava imminente l’arrivo di Gadda.

A questo punto si dimette Tamai, accusato apertamente da Mastronicola in una conferenza stampa dove, essendo assente, non si è potuto difendere. Insomma, un caos mai visto ed in queste condizioni pretendere che la squadra faccia anche risultato è un’utopia. Si assommano in pochi giorni l’inesperienza dei vertici societari e l’approssimazione di vari attori, così la stagione si conclude con un inutile piazzamento da play-off e con un’ipotesi di ripescaggio che resta solo sulla carta.

La mossa vincente

Ma il capolavoro è già iniziato perché qualche mese prima, in aprile, viene ufficializzato il diesse Andrea Maniero scelto dal dg Antonello Sammarco che qualche mese dopo si dimette. Maniero ha il tempo per vedere cosa non va, tutto, e cominciare a programmare la stagione vincente.

Il dirigente veneto si porta il club manager Carlo Cherubini (farà da filtro squadra-società), il nuovo allenatore, Marco Gaburro e alla fine si forma una struttura societaria da Lega Pro con dirigenti che lavorano sul Rimini 48 ore al giorno, il direttore generale Franco Peroni su tutti, ed un budget decisamente superiore. E siamo qui, alla promozione più che meritata in serie C, al ritorno nel campionato d’elezione del Rimini. Ma se siamo qui, al di là di tutto, bisogna dire grazie a due persone, che hanno contribuito a riportare il Rimini dove è ora non lasciando per strada 10 euro di debito ed onorando il loro ruolo con una serietà personale ed imprenditoriale d’altri tempi: Giorgio Grassi ed Alfredo Rota.

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