Rimini, il trafficante è integrato e non può essere espulso

Il trafficante di droga albanese non può essere espulso dall’Italia, dove tra l’altro vive da due decenni, perché ha una situazione famigliare solida e consolidata nel matrimonio da molti anni. La moglie inoltre lavora ed è perfettamente integrata nel tessuto sociale, così come i figli della coppia di cui uno minorenne, per di più nati a Rimini. Una situazione che annulla i presupposti della sua presunta pericolosità sociale, alla base del decreto di espulsione firmato dal Prefetto su richiesta del Questore. Questa, in estrema sintesi, la motivazione della sentenza con cui il giudice di pace, la scorsa settimana, ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Andrea Guidi e dichiarato l’illegittimità (così come stabilito dalle direttive internazionali) del decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Rimini a carico di un cittadino albanese di 55 anni, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per traffico internazionale di droga.

La storia

Era il giorno di San Valentino del 2018, quando i carabinieri lo avevano bloccato con 65 chili di marijuana stivati nel baule della sua vettura. Un nascondiglio normale, meno difficile da trovare rispetto a quello utilizzato nell’agosto del 2017. Quella volta i cinque chili di erba, li aveva riposti sotto i ceppi della legna del deposito dove lavorava. Per queste due “scivolate”, la giustizia gli ha presentato un conto complessivo di 3 anni di reclusione. Una volta uscito dal carcere era quindi convinto d’aver saldato il suo conto con la giustizia. Invece, non appena messo piede in casa, alla porta hanno suonato i poliziotti dell’Ufficio immigrazione della Questura per notificargli il provvedimento con cui il Prefetto di Rimini lo cacciava, per sempre, dall’Italia. Prima di partire per il Centro di identificazione ed espulsione di Bari, ha avuto il tempo di avvertire il proprio legale che dopo una prima convalida del provvedimento da parte del giudice di pace pugliese, un paio di giorni dopo ha presentato una memoria con cui ha costretto lo stesso magistrato a rimandarlo a casa: lì avrebbe dovuto attendere il suo futuro destino. Da Rimini, però, come detto, non si muoverà mai più. Il legale, infatti, ha presentato un secondo ricorso, questa volta contro il decreto prefettizio, vincendo pure quello.

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