Rimini Il dottore: "Così abbiamo salvato il neonato"

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È un combattente, con una gran voglia di vivere, il neonato di tre mesi operato una manciata di settimane fa a Rimini. A condurre l’intervento è stato il dottor Marco Di Marco, direttore dell’Unità operativa di Gastroenterologia e Endoscopia digestiva, presso l’Ospedale Infermi di Rimini, assistito da una brillante équipe. Abruzzese ma romagnolo di adozione, il 48enne Di Marco lavora da 15 anni a Rimini. Durante il suo percorso di formazione ha vissuto sia negli Stati Uniti a New York che in Germania a Amburgo, mentre il prossimo anno volerà in Giappone per un aggiornamento professionale.

Di Marco, quale problema affliggeva il piccolo paziente?

«Sin dalla nascita il piccolo era affetto da una malformazione, detta atresia dell’esofago, che gli impediva di nutrirsi. Prima di giungere nella nostra sala operatoria era già stato operato due volte e dopo il secondo intervento, come spesso succede, nel punto dov’erano stati riuniti i due monconi dell’esofago per ristabilire una continuità si era formata una stenosi, ossia un restringimento che aveva chiuso completamente l’organo. Così per consentire al bambino di alimentarsi era stato necessario inserire un tubicino nella parete addominale».

L’intervento era rischioso?

«Ho lavorato nella massima sicurezza possibile, con i chirurghi pediatrici schierati al mio fianco e tutte le precauzioni del caso. Tuttavia era un’operazione complessa perché vicino all’esofago sono situate strutture fondamentali come l’aorta e la trachea, inoltre pur avendo un’esperienza endoscopica consolidata anche sui bimbi, il paziente aveva solo tre mesi ed è rimasto due ore e mezzo sotto ai ferri».

Esistono precedenti per una simile operazione?

«Alla luce della letteratura scientifica questo resta il primo intervento del genere, vista l’età del paziente, perlomeno in Emilia-Romagna. Per trovare un caso solo per certi versi simile, bisogna andare indietro di 10 anni, puntando i riflettori sull’Ospedale Bambin Gesù di Roma».

Come hanno reagito i genitori?

«Erano molto provati e continuavano a ringraziare tutto il team multidisciplinare, che ha lavorato in sinergia. A commuoverli è stata anche l’assistenza fornita al figlio dai colleghi della chirurgia pediatrica».

Per il piccolo si prospetta una vita normale?

«Gli esami effettuati confermano che il bambino sta bene e che l’operazione è stata risolutiva, fermo restando che purtroppo, vista la patologia, questo sarà solo lo step di un lungo percorso da affrontare. Resta chiaro che, se qualcosa in sala operatoria fosse andato storto, sarebbe stato necessario un intervento ricostruttivo preferibile da sostenere in età più avanzata. Ora il paziente segue un percorso di riabilitazione, per imparare a succhiare, dato che non si è mai alimentato al seno materno, né per via orale, bensì attraverso un tubicino inserito nella pancia. Spero che dopo un inizio in salita possa avere una vita il più possibile normale».

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