Rimini. Accoltellato a scuola, i genitori: "Nostro figlio non è un bullo"

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«Nostro figlio non è un bullo ma la vittima di un atto gravissimo».
Lo dicono i genitori del 14enne accoltellato mercoledì scorso da un compagno di classe durante l’ora di lezione in laboratorio, all’istituto professionale Leon Battista Alberti. Loro tramiti gli avvocati Marco e Monica Lunedei attraverso cui dicono «di essersi visti costretti» a scrivere questa lettera per «ristabilire la verità» dei fatti.
L’aggressore, infatti, con la Polizia si era subito giustificato dicendo di essere da tempo vessato a scuola e di essersi quindi voluto vendicare di colui che ha definito più volte “bullo”. Situazione rimarcata in Questura e al pubblico ministero della Procura dei Minorenni di Bologna anche dalla madre dell’accoltellatore che ha anche sostenuto di aver informato da tempo della situazione la direzione didattica.


Verità alterata

I genitori della vittima si dicono sconcertati dal «tentativo di spostare l’attenzione da quanto realmente accaduto mediante il montaggio di un caso di bullismo supposto e non verificato, trasformando addirittura l’offensore in presunto oppresso».
A loro avviso, solo grazie ai riflessi del figlio che ha in parte scansato un fendente potenzialmente letale non c’è stato un tragico epilogo. «Nostro figlio, - scrivono - è stato fatto passare falsamente per “un bullo”», mentre l’altro ragazzo «peraltro ripetente e quindi più grande di età, l’ha aggredito a mano armata e a sangue freddo».
I genitori sottolineano che «i compagni di scuola ed il personale scolastico confermano che nostro figlio è un ragazzo solare, socievole, dotato di senso dell’umorismo e di autoironia, forse ingenuo nel considerare tutti amici, compresa la persona che qualche giorno fa ha rischiato di porre fine alla sua vita per uno scambio di battute scherzose reciproche». Quindi non esitano a definire l’accoltellatore «un potenziale omicida» per cui invocano un provvedimento esemplare.

«L’augurio - concludono - è che non capiti ad altri ragazzi di andare a scuola, dove dovrebbero essere tutelati e protetti, e rischiare di morire per un’aggressione violenta ed insensata, per poi vedersi accusati di fatti falsi da una macchina del fango mediatica. Certe condotte non possono e non devono essere ammesse né tollerate. In caso contrario si tratterà solamente di aspettare che un fatto del genere ricapiti, forse la prossima volta con esiti letali».

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