Rimini e la piaga dei femminicidi. Lisi:"Aiutiamo le donne prima che siano uccise"

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«Di fronte a un altro femminicidio poniamoci delle domande. Cosa dobbiamo, cosa possiamo fare per avere un impatto sulla cultura della violenza contro le donne e cercare di prevenire la morte di altre donne?». Lo chiedono la consigliera Gloria Lisi (lista Lisi per Rimini) e Ilaria Baldini della Commissione Pari opportunità. Il punto di partenza del ragionamento è la narrazione che riporta le «parole e le motivazioni dell’assassino». «Come legge un cittadino poco avvezzo a certe riflessioni notizie come questa? - aggiungono -. Quali strumenti ha un cittadino per capire che la vittima viene nuovamente colpevolizzata e quindi muore due volte quando si leggono certe frasi, come “Non gli dava in braccio il bambino” oppure “Ora smetterà di parlargli male di me”? Purtroppo leggiamo ancora oggi narrazioni maschiliste e misogine. Quante volte ci hanno detto che un violento può essere un buon padre anche se mena la moglie tre volte al giorno? Spesso le donne vengono credute solo quando è troppo tardi, quando hanno dato all’uomo violento un’ultima occasione per rivedersi, sottovalutando il rischio che corrono. Spesso vengono credute solo da morte. Di fronte a una violenza antica e strutturale non possiamo continuare a leggere il solito bollettino di guerra, le solite frasi di sdegno o peggio ancora le soluzioni che tali non sono». Invece? «Propongo una riflessione oggi che sia davvero qualcosa di molto molto concreto: le donne si sentono responsabili, è tipico di qualunque trauma, ancor più in questi casi. Un messaggio del genere, quello di giustificare il padre, dandogli voce, rinforza il meccanismo che le fa rimanere a subire violenza». Non solo. «Occorre lavorare sul riconoscimento dei segnali, il riconoscimento dei maltrattanti da parte di tutta la società. Abbiamo bisogno di riconoscimento e valutazione del rischio, bisogna diffondere le vie di uscita attraverso il non giudizio verso le donne. Diventa urgente lavorare ancora maggiormente in rete, ma essere molto operativi per avere la capacità di monitorare le “sentinelle” che il nostro territorio offre, sia quelle formali (l’assessorato alle pari opportunità, la scuola, le forze dell’ordine, la Commissione pari opportunità), sia quelle informali: un giornalaio che vede tutti i giorni una signora con degli ematomi sul volto, non può voltarsi da un’altra parte, un dentista che vede strane ferite alla bocca, non potrà far finta di niente, un benzinaio che vede piangere disperatamente una donna dovrà darle un segnale di ascolto. Penso che una vera comunità educante debba fare proprio questo, trovare insieme le soluzioni, saper cogliere ogni segnale, divenendo tutti e tutte capaci di contrastare attivamente la violenza contro le donne».

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