Rimini. Entra nel cantiere e precipita: risarcito dopo 21 anni

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Un incidente in un cantiere 21 anni fa, precipitando per diversi metri in un cunicolo, rompendosi una gamba, fratturandosi una caviglia e rovinandosi l’arcata dentale. Ritenuto dal giudice responsabile per metà con il proprietario dello stabile, il ferito, oggi 66enne, riceverà 140mila euro come risarcimento danni per le lesioni riportate in seguito a quella rovinosa caduta. Come si legge nella sentenza firmata dal giudice Lucio Ardigò, si era “omesso di dotare il cantiere di allestimenti, segnaletiche e recinzioni idonee a prevenire il rischio di illecite intrusioni ed in particolare di chiudere gli ingressi dello stabile». Dal canto suo, l’uomo risarcito (assistito dall’avvocato riminese Stefano Caroli) è stato ritenuto responsabile per essersi addentrato abusivamente nel cantiere in cui erano in corso lavori di ristrutturazione.

I fatti

L’incidente è avvenuto nella zona sud del Riminese nel lontano 5 dicembre 2001, quando l’uomo che a breve vedrà accreditarsi sul conto corrente 140mila euro precipitò per circa cinque metri in “pozzo - granaio” nell’intento di raggiungere un operaio in quel momento al lavoro. Una volta precipitato, vennero immediatamente allertati i soccorsi, e l’uomo venne portato all’ospedale di Riccione dove è stato poi ricoverato nel reparto di Ortopedia. La diagnosi fu quella di “frattura trimalleolare alla caviglia destra e frattura scomposta alla gamba destra”. Ferite per cui l’uomo, allora 45enne, dovette affrontare diversi mesi di terapie riabilitative, che non gli permisero però di scongiurare dolori e malesseri tali da rendergli difficile persino camminare. A questi si aggiunsero poi anche i danni riportati all’arcata dentale come conseguenza dell’evento traumatico, che resero necessari anche diversi interventi di tipo odontoiatrico.

In particolare, i dolori lamentati e messi agli atti sono quelli di un male che “dal piede si irradia alla gamba, e soprattutto a carico della caviglia, sia sotto a sforzo che talvolta a riposo” oltre a “limitazioni nell’articolare la caviglia”.

All’attore del processo, infatti, è stato riconosciuto il risarcimento per danno biologico, dunque per la lesione dell’integrità psicofisica della sua persona, oltre che il danno morale.

Danni che nell’analisi del giudice hanno compromesso anche le capacità lavorative dell’uomo, che per lavoro aveva necessità di camminare e guidare l’auto.

Valutazioni (incardinate insieme a un procedimento penale per lesioni colpose per cui è stato però stabilito di non doversi procedere) che hanno portato il giudice a condannare il proprietario dello stabile a risarcire il 66enne per la metà dei danni calcolati e al pagamento, sempre dimezzato, delle spese processuali.

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