Rimini. Delfinario: scarichi irregolari, assolto l’ex dirigente

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Carte false per permettere al Delfinario di scaricare direttamente in mare? Il dirigente comunale non ne era consapevole e comunque aveva l’ok della Commissione di vigilanza. Il Tribunale di Rimini ha assolto Remo Valdiserri - alla guida dello Sportello unico per le Attività produttive dal 2007 al 2016 e dello Sportello unico per l’edilizia dal 2016 al 2017 - per tutti e tre le ipotesi di abuso d’ufficio che gli erano contestate «perché il fatto non costituisce reato». Difeso dagli avvocati Maurizio Ghinelli e Vittorino Cagnoni, si era sempre professato innocente. L’accusa aveva chiesto per lui la condanna a un anno e otto mesi (con il riconoscimento della continuazione), oltre alla pena di sei mesi di arresto e 5mila euro di ammenda per la contravvenzione relativa alla “violazione della legge speciale in materia di acque reflue”. Nella sentenza emessa ieri pomeriggio si sancisce anche il non doversi procedere nei confronti anche degli altri imputati, così come richiesto anche dalla procura, per intervenuta prescrizione. Nessuna conseguenza, quindi, per i tre rappresentati legali del Delfinario finiti alla sbarra nel filone degli scarichi irregolari, una “costola” del procedimento relativo ai presunti maltrattamenti ai delfini. Gli imputati Salvatore Guarino, Monica Fornari e Massimo Muccini - difesi dagli avvocati Luca Greco, Piero Ippoliti e Vainer Nanni e coinvolti solo in riferimento alla contravvenzione ambientale - escono quindi indenni dal processo. Nel corso dell’inchiesta sui delfini (he le acque di contenimento dei delfini venivano scaricate senza filtraggi direttamente in mare e senza l’autorizzazione unica ambientale. “Aua” indispensabile per ottenere la licenza per spettacoli viaggianti. Gli investigatori verificarono chi in Comune aveva rilasciato la licenza, ovvero Valdiserri ai rappresentanti legali della struttura, nonostante fosse priva dell’autorizzazione antisismica oltre che allo sversamento in mare. L’ex funzionario di Palazzo Garampi si è sempre difeso affermando di essersi limitato a rinnovare una licenza che aveva avuto il via libera della commissione provinciale. Lui stesso aveva richiesto della documentazione supplementare, ma la pratica era andata avanti lo stesso. «Mancanza di dolo» hanno sancito i giudici. Paradossale, a questo punto, l’incriminazione per falsa testimonianza di una funzionaria del Comune che ha deposto nel processo sostenendo che era lei, all’epoca dei fatti, a prendere certe decisioni e non Valdiserri. Per la procura, però, i documenti la smentirebbero.

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