Rimini. Contestati 5 tentati omicidi al somalo accoltellatore

Archivio

È accusato di cinque tentati omicidi, con l’ipotesi alternativa di lesioni gravi, e la tentata rapina di un telefonino il venticinquenne somalo che sabato scorso, 11 settembre, ha accoltellato nel giro di un’ora quattro donne e un bambino a Rimini. Si tratta di Duula Somane, richiedente asilo di 26 anni, da agosto in Romagna dopo due anni trascorsi in Svezia. Niente lascia pensare alla pista del terrorismo, ma l’inchiesta è all’inizio e, come vedremo, ci sono diversi punti oscuri. Il giovane, fermato dalla polizia dopo una caccia all’uomo sulle indicazioni dei cittadini al 112 in tempo reale, dice di avere delle cose da raccontare.

Al mattino era passato in questura

Il pm Davide Ercolani, l’altra notte alle due era già in questura per interrogarlo, ma alla fine il somalo, difeso dall’avvocato Maria Rivieccio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non parla italiano e si esprime in un inglese approssimativo. Ci sarà bisogno di un interprete somalo. «Mi sentivo minacciato, dei pachistani vogliono uccidermi, per questo avevo i coltelli e le forbici» ha dichiarato spontaneamente agli agenti. Un delirio paranoico dovuto a probabili problemi psichiatrici. C’è però un giallo: il giovane è passato in questura al mattino per denunciare l’aggressione da parte di un altro straniero nella struttura di accoglienza della Croce rossa che lo ospita (in viale Toscana a Riccione). «E’ una delle circostanze che intendiamo appurare», spiega la legale che lo assiste. Duula Somane potrebbe avere agito sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. «Ho preso della cocaina» ha detto (a breve si conoscerà l’esito del test). Non ricorda di avere tentato di sgozzare un bambino. O almeno così sostiene prima di chiudersi, tremante e agitato, in un assoluto mutismo. All’inizio aveva gridato come un ossesso. Nessun riferimento, però, alla religione: soltanto dei versi indecifrabili nella “lingua” dei folli.

Il bambino «sta benino»

Il piccolo, un bambino di sei anni che era con la mamma (illesa) quando è stato ferito dallo sconosciuto, è ancora ricoverato in Rianimazione, ma se la caverà. Colpito al collo da un fendente, è stato operato, con successo, dall’equipe del chirurgo Salvatore Tarantini, per suturare una “lesione interna sinistra alla carotide”. «È stato un intervento delicatissimo, la Tac ha escluso danni al cervello: ora sta benino, è molto coraggioso». La prognosi resta riservata. Gli investigatori, intanto, hanno ricostruito passo per passo, attraverso le testimonianze, la “guerra” personale del richiedente asilo contro chiunque gli si parasse di fronte o forse addirittura contro i suoi fantasmi. Libero di muoversi, sebbene fosse in quarantena fiduciaria e la Cri ne avesse segnalato l'aggressività.

La ricostruzione dei fatti

Si sveglia in preda all’agitazione. È l’11 settembre, non un giorno qualsiasi, ma potrebbe essere solo una coincidenza. Si spaventa, dice, per delle immagini che gli arrivano al cellulare. Va in questura per la denuncia. Vaga per l’intera giornata tra Riccione e Rimini. Acquista cocaina? Di certo si procura un set di coltelli da cucina “Kaimano”, quelli da bistecca, e si arma anche con un paio di forbici. Alle 18.50 si ritrova sul tram della linea 11 quando due addette al controllo gli chiedono il biglietto. Figurarsi se è uno che fa il biglietto. Con sé però ha il suo piccolo arsenale di lame. Con quelle, un coltello in una mano le forbici nell’altra, colpisce all’impazzata: Elisa B. viene raggiunta all’avambraccio e al collo (dieci giorni di prognosi); Daniela C. alla testa, alla mano sinistra e al torace: è qui che affonda la lama, sfiorando il polmone (sessanta giorni di prognosi). Tutto sotto gli occhi degli altri passeggeri, in preda al terrore. L’autista viene minacciato e, per evitare una strage, apre la porta del bus. Il somalo scappa in strada. Comincia la sua folle fuga, cinque chilometri da Miramare a Marina centro. Il primo avvistamento è attorno alle 19. Il fuggitivo apre lo sportello di un’auto in sosta in via Teramo, con il conducente alla guida (A.V., riminese) e allunga una mano sul cruscotto. «Voleva rubarmi l’I-phone – racconta l’uomo agli agenti - gliel’ho impedito, ma quando ho cercato di prenderlo lui mi ha minacciato con un paio di forbici». Giusto il tempo di raccogliere la segnalazione che alla pattuglia ne arriva, via radio, un’altra. Sono le 19.15 e stavolta la voce al 112 è di una ragazza pesarese di 25 anni. «Un giovane mi ha ferito di striscio con il coltello, vicino al collo». Era ferma davanti a un bar nella zona di viale Oliveti, lo sconosciuto l’ha aggredita senza ragione. La giovane, Paola T., non si è fatta neanche refertare: è tornata immediatamente a casa. La sua testimonianza, raccolta dalla polizia di Pesaro, andrà agli atti. Il somalo continua a farsi largo tra la gente armato di coltello, alcuni passanti neanche se ne accorgono. Altri sì e chiamano la polizia. Le pattuglie bloccano le vie dell’attacco, presumendo il peggio, e attivano i rinforzi. Il peggio deve ancora venire.

La cattura

Quando riappare lungo viale Regina Elena, all’incrocio con viale Pascoli, i poliziotti gli sono già alle calcagna. Passa accanto a una pensionata riminese di 75 anni, Rosa T., casualmente sulla sua strada e si sbarazza di lei sbracciando con la mano che impugna il coltello. Solo quando la signora si rialza si accorge del graffio al collo (quattro giorni di prognosi). Lo straniero è esile, ma fa paura, nessuno tenta di bloccare la sua corsa: appare fuori di sé, scatenato. Sono circa le otto quando ferisce il bambino, nato in Italia da genitori bengalesi. «Poco prima stava giocando sotto gli occhi della mamma con un martelletto in mano - racconta un commerciante - lei gli diceva di fare attenzione a non farsi male». Il pericolo però arriva da dove non ti aspetti. La mamma è già sul marciapiede, tiene il figlio e la sorellina per mano, quando il somalo le passa accanto e con un gesto improvviso colpisce il bambino al collo, tranciando la carotide. Non si ferma neppure davanti al dolore di un innocente. Devono piombargli addosso i poliziotti, non appena imbocca un vicolo cieco. La caccia è finita. La grande paura è alle spalle. «Il terrorismo non c’entra», assicurano dalla procura. Non hanno trovato il telefono, ma aveva anche un I-pad che sarà esaminato. Le aggravanti contestate sono i motivi futili e abietti e l’aver commesso il fatto per conseguire l’impunità. Meno di tre mesi fa a Wurzburg, in Germania un altro somalo aggredì i passanti uccidendone tre e ferendone undici al grido di “Allah akbar”. Ora si trova ricoverato in un ospedale psichiatrico. Una perizia potrebbe decidere anche il destino giudiziario del caso riminese: ai medici del carcere Duula Somane avrebbe dichiarato di essere ossessionato da giorni «dall’immagine di una donna nuda senza braccia».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui