Rimini. Consorzio porto: canoni alti, addio riqualificazione

Rimini

Canoni elevati e pandemia, la riqualificazione del “triangolone” rischia di restare al palo. Un “punto cieco” che potrebbe minare il Parco del mare. La denuncia porta la firma di Lucio Paesani, presidente del Consorzio del porto.

Cosa sta succedendo

È una storia lunga e complessa quella del “triangolone”. Il presidente Paesani la ripercorre a ritroso, da quando oltre al lungomare lo Stato affida al Comune l’area del porto su cui sorgono dodici attività fra bar, pub, ristoranti, disco. Un passaggio che si incrocia con i “canoni pertinenziali” definiti a “reti unificate” elevatissimi, tanto da produrre una soluzione in Parlamento: si paga il 30 per cento della cifra dovuta. «Il sindaco Gnassi si è preso il merito - ricorda Paesani - in realtà era il frutto di un accordo fra tutte le forze politiche. Quello che vale per l’Italia, però, non vale per Rimini, siamo passati dalla padella statale alla brace comunale».

Il caso Rimini

Si arriva quindi al 2018. «La giunta ridefinisce i canoni e li rende sopportabili».

Ma? «Nel trasferimento dei beni dallo Stato, il Comune accetta un taglio nei trasferimenti pari al gettito dei canoni: 500mila euro. Con la revisione il gettito è minore e quindi potrebbe anche intervenire la Corte dei conti».

Che succede allora? «Nel giro di pochi giorni la giunta ripristina i vecchi canoni».

Fine? Ancora no. Nel 2019, dopo verifica con la Soprintendenza, il Comune si accorge che non tutte le strutture costruite su aree demaniali sono condonabili e di conseguenza le irregolarità vanno sanate con la demolizione. Quindi? «I canoni vengono calcolati su superfici che non ci sono più» spiega Paesani.

Un quadro di crisi a cui si aggiunge l’emergenza Covid. «Il Bahamas ad esempio è chiuso dal 23 febbraio e deve al Comune un canone da 101mila euro».

L’ultima fase

Dopo un lungo “girovagare” si arriva al punto. Paesani ricorda il piano di riqualificazione del “triangolone” datato 2010 e a firma del Consorzio del porto. «Costava 29 milioni di euro, cifra definita già allora insostenibile. Visto che il Comune ragiona su diritti di superficie di 30 anni, con un canone annuale totale pari a 500mila euro, il fardello per le attività si traduce in 15 milioni, decisamente troppo. A queste condizioni il piano non può andare avanti».

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