Rimini: con l'ex marito in super carcere per mafia, percepisce il reddito di cittadinanza

Con quell’uomo si è unita in matrimonio dopo anni di conoscenza quando lui era già in prigione. Giura, però, di non aver saputo per quale motivo dal 2018 occupa una cella di un carcere di massima sicurezza del centro Italia. Per questo quando ha presentato domanda per ottenere il reddito di cittadinanza, ha solo spuntato la casella in cui si chiedeva se qualche componente del suo nucleo famigliare fosse detenuto. Non ha invece barrato la successiva dove le si chiedeva di specificare perché il consorte - da cui tra l’altro aveva già avviato le pratiche del divorzio ratificato nel 2021 - anziché il talamo coniugale avrebbe diviso una cella con altri detenuti per 15 anni. Non un dettaglio di poco conto. L’uomo, infatti, sta scontando una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, uno di quei pochi reati per cui anche chi non è indagato non può ottenere il reddito di cittadinanza. Protagonista della singolare vicenda approdata davanti al giudice dell’udienza preliminare Manuel Bianchi, una 40enne riminese, madre di due ragazzi (uno minorenne) che ha visto naufragare anche la sua seconda unione matrimoniale. Come detto lei giura sulla sua assoluta buona fede ed ha affidato all’avvocato Christian Brighi il compito di toglierla dai guai. Il reato di cui è accusata “dichiarazione infedele per il reddito di cittadinanza che non può ottenere” prevede una condanna che va dai 2 ai sei anni di reclusione. Il legale per arrivare alla sua assoluzione ha chiesto per la signora il giudizio con rito abbreviato, condizionato alla presentazione dei documenti comprovanti la fine del matrimonio. Ha chiesto anche che la propria assistita possa raccontare in prima persona la sua versione dei fatti

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