La linea telefonica è sempre occupata, non c’è una palestra, stanno in quattro in celle da due, e non c’è nemmeno un direttore “fisso”. I detenuti ai Casetti, oggi 144 anche se la capienza regolamentare è di 112, hanno sottoscritto una lettera per punti in cui hanno indicato le criticità maggiori della vita dietro le sbarre. «L’hanno scritta, la lettera – sottolinea Ivan Innocenti, consigliere del partito radicale riminese che ieri mattina ha visitato le sezioni – dietro all’articolo del Corriere Romagna che denunciava il suicidio in cella del 37enne marocchino. I detenuti della prima sezione, quella più vecchia e degradata, di cui Ausl Romagna stessa ha rilevato la necessità di una ristrutturazione straordinaria, hanno messo nero su bianco le loro richieste, che poi coincidono per la maggior parte con quelle della polizia penitenziaria. Migliori condizioni di detenzione si traducono infatti in minore stress lavorativo per gli operatori. In carcere è tutto connesso». «Per chi legge possono sembrare piccole cose, – ravvisa – ma quando si è “dentro” fanno la differenza tra la vita e la morte, letteralmente».
Abbandonato a se stesso
Non solo. Nel corso della visita al carcere, i Radicali hanno raccolto anche le testimonianze di altri detenuti, uno dei quali, ristretto nella seconda sezione, ha affidati le sue riflessioni a una lunga lettera. «Come può funzionare il carcere senza direttrice? – si chiede -. Non vengono cambiate le lenzuola per mesi, non vengono dati i prodotti per le prime necessità personali e per la pulizia della cella». Ha un pensiero anche per l’uomo morto suicida: «Vengono levati lacci e cinture, e la gente si impicca comunque. Lui è stato abbandonato a se stesso, e anche noi detenuti ci sentiamo in colpa per non aver capito realmente il suo star male». Tra i disagi, il carcerato della seconda sezione ricorda anche quello del cibo, il cui costo di approvvigionamento, altissimo, i detenuti faticano a sopportare. La richiesta è quindi quella di poter ricevere il cibo dai parenti durante le visite famigliari, e di poter svolgere attività lavorative in modo da avere più soldi per acquistare gli alimenti. «Spesso – afferma infatti nella lettera – il cibo dal carrello arriva in scadenza, tanto è vero che più di un detenuto è stato male per intossicazione alimentare».
Insufficienza di fondi
Quella della mancanza di lavoro «per insufficienza di fondi» e la richiesta di ricevere il cibo da casa sono esigenze fatte presenti anche dai detenuti della prima sezione. «Lamentano anche l’insufficienza del personale, – puntualizza Innocenti – l’assenza del garante dei detenuti, ma anche la presenza per soli due giorni a settimana di uno psichiatra che ci vorrebbe tutti i giorni, e di un medico per la reperibilità, al posto della guardia medica».
«Quello che ho a cuore – conclude Ivan Innocenti – è che la nostra città si renda conto che ai Casetti c’è un “buco nero” che è sezione 1. Io sento un dovere come cittadino che mi spinge a muovermi per il rispetto dei diritti umani».