Rimini, "canoni bassi? I bagnini pagano il triplo di quanto appare"

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«Siccome le leggi europee prevalgono su quelle nazionali e, ritengo che il Consiglio di Stato abbia travalicato di molto i suoi poteri, potremmo anche decidere di impugnare il provvedimento. Accettiamo il principio che il rinnovo delle concessioni non possa essere automatico, ma la questione degli indennizzi da negare è un enorme punto interrogativo. Approfondiremo meglio la questione a tempo debito». Giorgio Mussoni, presidente nazionale di Oasi e storica colonna della categoria dei bagnini, è uno dei massimi esperti in tema di concessioni demaniali. Anni addietro, in tempi non sospetti, aveva dettato la linea alla categoria. Una linea osteggiata da parte dei bagnini stessi che, però, alla luce dell’ultima sentenza del Consiglio di Stato si sta rivelando quella giusta.

«Serve la legge»

La riflessione di Mussoni oggi non è diversa da quelli di alcuni anni fa: «La proroga delle concessioni è automatica e come tale va considerata illegittima. Sono però convinto che, fino a quando il governo non formulerà una seria legge di riforma del sistema demaniale, mettendo al centro l’impresa balneare e il suo valore, non riusciremo a risolvere il problema. Finora abbiamo solo buttato la palla in avanti: adesso è il momento di prendere in esame la realtà partendo da quella famosa legge Arlotti - Pizzolante che non ha visto la luce solo perché è terminata la legislatura pochi mesi prima che venisse approvata». Secondo Giorgio Mussoni la linea può essere solo quella tracciata quattro e più anni fa: «Noi a certe regole ci dovremo stare. Anzi ci siamo sempre stati perchè le evidenze pubbliche esistono da anni. Il problema è come gestire queste spiagge. Quello italiano è un modello inventato da noi bagnini, copiato in tutto il mondo. E quando l’orologio funziona è meglio che nessuno ci metta le mani. Il resto sono chiacchiere».

Categorie “spaccate”

Non erano però tanti a credere al presidente riminese: «È un pensiero al quale molti non sono allineati neppure adesso, visto lo spavento dell’intera categoria dopo la sentenza del Consiglio di Stato. Qualche anno fa molti si sono “tuffati” a garantire ciò che era impossibile e che non possono garantire neppure oggi. Promesse che hanno spaccato i balneari tanto che le due categorie sindacali che c’erano dieci anni fa, oggi sono diventate 7 o 8. Ora c’è la necessità di riunificare il sistema sindacale».

Canoni a prezzi stracciati

È un tema sul quale il presidente Mussoni ha molto da dire: «In primo luogo è vero che il governo incassa poco, ma non sono gli imprenditori balneari a stabilire quanto pagare. E comunque certi conti, andrebbero fatti meglio. Perché alla quota iniziale vanno aggiunti molti altri costi. In primo luogo, il servizio di salvamento che abbiamo l’obbligo concessorio di garantire e che per ogni stabilimento costa dai 15mila ai 20mila euro all’anno. È un servizio pubblico fatto a nostre spese: diversamente potremmo pagare somme maggiori allo Stato. C’è poi la pulizia della battigia che viene effettuata ogni mattina (due volte alla settimana anche in inverno) e ha un costo. Senza dimenticare docce e servizi igienici, tutto gratis, ma alla fine l’acqua la paghiamo sempre noi. Dunque sì, è vero: i canoni sono bassi, ma il prezzo reale al termine della stagione si fa assommando i servizi. E la cifra è almeno 3 o 4 volte superiore».

Spiaggia popolare

Secondo il numero uno di Oasi è importante anche stabilire «se si vuole una spiaggia popolare o solo per l’élite, perché se aumentano oneri e costi c’è il rischio che qualcuno abbia difficoltà ad noleggiare ombrellone e lettino quando il solo parcheggio costa almeno 8 euro al giorno».

Il valore d’impresa

Da dove ripartire, Mussoni ce l’ha ben chiaro: dal famoso disegno di legge del 2017 proposto dagli onorevoli Pizzolante e Arlotti: «Quel ddl dava un valore all’impresa balneare. Le spiagge non si possono paragonare alle autostrade: quelle sono dello Stato e vengono date in appalto. A noi è stato dato un terreno incolto che negli anni è stato bonificato e sul quale siamo riusciti a creare gli stabilimenti. Dunque il valore dell’impresa balneare deve essere riconosciuto, sia quello materiale che immateriale. In questo senso ci vengono incontro anche alcuni pronunciamenti della Corte di giustizia europea. Se non ci fossero i bagnini il reddito dell’arenile sarebbe negativo perché le spiagge libere sono un costo e non producono utili. Serve una soluzione e va studiata con la nostra categoria».

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