Rimini. «Caldo anomalo, rischio danni enormi per i frutteti. E la cimice asiatica resiste»

Rimini

RIMINI. La colonnina di mercurio è giorno dopo giorno sempre più elevata, ieri a mezzogiorno a Rimini sfiorava addirittura i 20 gradi (lunedì a Torino e Cuneo se ne sono registrati addirittura 27) e la regina delle banalità “non ci sono più le mezze stagioni” non ha più ragione d’essere.
La realtà è che non ci sono quasi più le stagioni, tutte, e questo oltre a far drizzare le antenne ai climatologi fa stare con il fiato sospeso tutti i coltivatori. Da seme o da frutto. Lo evidenzia il vice direttore provinciale di Coldiretti Giorgio Ricci, reduce dalla manifestazione che Coldiretti nazionale ha organizzato a Verona in occasione dell’inaugurazione di Fieragricola per evidenziare i danni della cimice asiatica e in cui sono state illustrate le criticità causate dall’invasione di specie aliene mangia raccolti che sopravvivono proprio grazie all’inverno caldo. Queste ondate di temperature anomale sembrano non voler finire più. E’ annunciato il ritorno del freddo, ma nel Riminese non pare immediato.

«Le previsioni si spostano continuamente, oramai non ci si capisce più quasi niente. Il dato certo è che una temperatura del genere, sui 17-19 gradi a inizio febbraio, inganna le piante con una finta primavera e potrebbe far ingrossare le gemme in anticipo se non la fioritura: con la conseguenza che le prevedibili gelate tardive rischiano di bruciare tutto impedendo la nascita del frutto. C’è il serio rischio di pregiudicare un intero anno di raccolto, perché il frutto non ha diversi cicli come capita invece con la coltura orticola: ne ha uno all’anno e si dovrebbe andare nel caso al 2021 con danni importanti per l’intero settore e l’economia del territorio».

Il troppo caldo e la primavera anticipata hanno possibili altre ricadute?
«Certamente, la cimice asiatica e il proliferare di insetti nocivi in primis. Sono infatti le gelate e le temperature sotto lo zero a ucciderli e abbiamo visto già lo scorso anno quanti problemi hanno causato l’una e gli altri: nel Riminese hanno ad esempio pregiudicato i raccolti di frutta tardiva, le ultime pesche e le ultime prugne nei nostri “serbatoi” principali quali ad esempio la zona di Santarcangelo. Ne abbiamo parlato proprio qualche giorno fa a Verona, evidenziando quanto abbiano sofferto per questo nel 2019 il Modenese con le pere o il Forlivese, Cesenate o Ravennate, dove la produzione è stata quasi azzerata».

Come se non bastasse, ci si aggiunge il problema delle scarse precipitazioni.
«Indubbiamente. Chi ha seminato non ha ricevuto pioggia e si mettono così a rischio anche la nascita dei cereali e la coltura da seme in genere. Senza dimenticare la crisi idrica estiva in caso di mancanze di piogge: lo scorso anno si sono concentrate quasi esclusivamente a maggio e insieme al freddo in quel caso anomalo hanno messo a repentaglio la produzione di olive».

Tirando le somme, non è stato certo il miglior inizio anno per le nostre colture.
«Siamo perennemente fuori stagione e il 2020 per il settore agricolo non è partito nel migliori dei modi: oramai qualsiasi condizione metereologica si manifesti farà bene ad un settore e male ad un altro. Ma vogliamo essere ottimisti, incrociamo le dita e speriamo bene per tutto».

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