Rimini. Boom di violenze e maltrattamenti durante la pandemia

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Più di cento donne uccise dall’inizio dell’anno perché donne, un’emergenza sociale che colpisce anche la regione Emilia Romagna. Delle strategie e delle misure di contrasto alla violenza di genere si è parlato in un seminario di studi promosso dalla questura di Rimini, “Questo non è amore...”, ieri mattina al Palacongressi. Un territorio, quello della violenza di genere, che le statistiche segnalano ad alto rischio, ma dove è molto sviluppate la sensibilità degli operatori delle forze dell’ordine, a partire dal questore Francesco De Cicco e della sua squadra. È stato così possibile mettere a confronto rappresentanti della magistratura, della polizia giudiziaria e della rete antiviolenza: un dialogo che si trasforma da “semplice” aggiornamento professionale in momento di crescita personale. Un importante contributo lo ha fornito il sostituto procuratore di Rimini Davide Ercolani: ha parlato dei problemi applicativi del Codice rosso e degli aspetti investigativi, spaziando dalla Bibbia alle usanze degli indiani d’America. Hanno colpito nel segno alcune immagini delle vittime dei reati: non ci si deve assuefare al tragico fenomeno del femminicidio. In apertura dei lavori è arrivato il videomessaggio di Gessica Notaro, sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato, e l’invito: «Denunciate i soprusi». «L’unica possibilità di mettervi fine» è la chiosa del questore. Anche le migliori leggi, però, spesso nascondono delle contraddizioni. Il pm Ercolani, in proposito, ha segnalato come alla previsione dell’arresto in violazione del divieto di avvicinamento non corrisponda poi l’effettiva applicazione della misura cautelare per una questione di lacune nell’impianto legislativo. «A norma di legge, il giorno dopo il giudice, se non addirittura già il pubblico ministero, è costretto a rimettere l’accusato in libertà». Ercolani fa parte del “pool” (assieme ai colleghi Annadomenica Gallucci e Luca Bertuzzi) a tutela delle fasce deboli, alimentato con un protocollo che prevede il rafforzamento della rete di supporto. A Rimini si può contare oltre che sull’appoggio della Seconda sezione della Squadra mobile, anche su poliziotti e carabinieri a disposizione delle procura e della collaborazione dell’Ausl e di associazioni rodate come “Rompi il silenzio”. «Nell’ultimo anno sono stati trattati 119 casi da codice rosso (atti persecutori) 318 per maltrattamenti e 71 per violenza sessuale. Nello stesso periodo sono state emesse 50 ordinanze di custodia cautelari». E come ha ricordato lo stesso pm Ercolani, «con la pandemia questo tipo di reati è aumentato, perché le persone coinvolte sono state costrette assieme nelle case, esasperando le situazioni critiche già presenti». Più tecnici, sebbene di grande efficacia, infine, gli interventi del vice questore Mattia Falso, capo della Squadra mobile (“Attività di indagine dal primo intervento all’esecuzione delle deleghe dell’autorità giudiziaria”) e del primo dirigente Pietro Scroccarello, dirigente della Divisione anticrimine (“Il ruolo del questore nel sistema delle misure di prevenzione in materia di violenza di genere: ammonimento e sorveglianza speciale”).

«Quando si parla di fare rete non parliamo di spontaneismo: niente è affidato alla buona volontà dei singoli operatori, ma ogni passo va riportato all’automatismo di protocolli operativi efficienti». Elvira Ariano, psicologa, racconta l’esperienza del Centro antiviolenza Rompi il silenzio nel contrasto alla violenza di genere. Un impegno che nel territorio riminese va avanti da più di quindici anni: all’attività di supporto e protezione, il Centro affianca una preziosa opera di sensibilizzazione e prevenzione, a partire dalle scuole, per insegnare il rispetto dei comportamenti e anche del linguaggio. «Chi arriva a uccidere lo fa perché preferisce trasformarsi in assassino piuttosto che perdere il controllo sulla sua donna: sennò non sono maschio». Il 95 per cento degli atti di violenza di genere nel Riminese, stando ai dati dei centri antiviolenza - è commesso in famiglia, dal coniuge o dall’ex partner. «Siamo di fronte a una emergenza sociale: negli ultimi due anni caratterizzati dalla pandemia gli atti gravi sono aumentati, mentre la diminuzione del 27 per cento delle richieste di aiuto è il segnale della accresciuta difficoltà di sfuggire al controllo. «Ci si deve affidare a un’operatrice sconosciuta in una sola telefonata». Il codice rosso? Un’ottima legge, ma migliorabile. Sarebbe utile prevedere contributi economici per la formazione e per le associazioni. «Se dopo la denuncia nel territorio mancano le strutture di protezione, il rischio invece di abbassarsi si eleva».

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