Rimini. "Bomba" contro i profughi: per patteggiare deve servirli

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Fece esplodere, assieme a un gruppo di amici, una “bomba carta” contro il centro di accoglienza dei richiedenti asilo di Spadarolo. Adesso, per chiudere i conti con la giustizia, si è impegnato a lavorare gratuitamente nella casa dei profughi presa di mira all’epoca dei fatti, gestita della cooperativa “Cento Fiori”. Una forma di risarcimento - cinquanta ore al servizio della struttura - condizione necessaria per poter patteggiare la pena di un paio di mesi convertibile in una multa.

Sarà il giudice Benedetta Vitolo a decidere se ratificare o meno l’accordo che l’imputato, difeso dall’avvocato Alessandro Petrillo, ha già raggiunto con la procura. Alla ripresa dell’udienza preliminare, fissata ieri al primo febbraio 2022, si deciderà il destino dei due coimputati, difesi dagli avvocati Luca Greco e Flavio Moscatt. Il primo si professa innocente ed è disposto ad affrontare il dibattimento (rischia il rinvio a giudizio); il secondo ha chiesto la sospensione del processo attraverso l’istituto della messa alla prova.

Gli altri tre giovani coinvolti nella vicenda (complessivamente erano sei) non avevano compiuto ancora diciotto anni: se la vedranno con il tribunale dei minorenni, ma nel loro caso le eventuali responsabilità penali risulteranno attenuate dalle finalità della giustizia minorile che mira al recupero dei colpevoli. Le consulenze tecniche hanno ridimensionato la portata dell’attentato alla casa dei profughi che risale alla notte di Halloween del 2018 (1° novembre). Escluso che si trattasse di “ordigni micidiali”, è rimasta in piedi l’accusa di danneggiamento aggravato però, per due imputati, dell’aggravante di aver commesso il fatto per finalità di odio etnico e razziale (ex articolo 604 ter del Codice penale).

I ragazzi, individuati grazie a un’inchiesta dei carabinieri coordinati dal Pm Paolo Gengarelli realizzarono senza un perché delle bottiglie molotov con il tovagliolo del ristorante del papà di uno di loro (risultarono innocue) e fecero esplodere un “botto” illegale (la cosiddetta “bomba di Maradona”) contro il centro di accoglienza dei richiedenti asilo di Spadarolo.

I giovani lo definirono un «petardone», convinti di poter rubricare la vicenda sotto la voce “bravata”. Solo il cambio di imputazione, dovuto all’analisi degli ordigni, ha evitato loro guai peggiori. I responsabili della struttura presa di mira (il portone subì dei danni), una volta scoperti i responsabili, dalla “Cento Fiori”, che non ha chiesto risarcimenti economici, commentarono così: «È un gesto che nasce dal pregiudizio, fatto sulla soglia di un edificio che ospita dei richiedenti asilo, dei migranti. Vengano a conoscere i loro drammi». Uno degli imputati ha scelto di farlo per espiare la pena.

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