Rimini, batte la testa in bici Ragazzi la aiutano, adulti indifferenti

Rimini

RIMINI. Molto spesso vengono dipinti come maleducati, insensibili, presuntuosi ed egoisti. “Noi, alla loro età, eravamo diversi” si sente dire sovente dagli adulti. Poi, però, accadono fatti come quello di ieri che ti fanno capire che i ragazzi di oggi, non sono così menefreghisti. Anzi, lo sono di più certi adulti. Almeno in questo caso.

Succede tutto verso le 13,10. Una ragazzina che frequenta la prima media alle “Panzini” è in sella alla sua bicicletta e sta scendendo dal ponte che attraversa via Roma, in direzione mare. Quando la strada curva leggermente a destra per ricollegarsi alla ciclabile, la bici, forse per l’asfalto bagnato, sbanda. Lei frena, scivola e cade violentemente a terra restando per diversi attimi immobile. Lì vicino ci sono alcuni adulti che vedono la scena e fanno finta di nulla. Non si sincerano neppure delle condizioni della ragazzina. Fortunatamente dietro di lei ci sono alcuni alunni, sempre delle “Panzini”. Lucia, Martina, Leonardo, Alberto, Cristiano, Martin, una giovane di 3F e altre due compagne, loro sì che si fermano. Scendono al volo dalla bicicletta e corrono subito verso la loro compagna. Alcuni la conoscono, altri no. Ma poco importa. Si spaventano quando vedono che dalla testa perde diverso sangue. La prima cosa che fanno è cercare di capire se sia cosciente. Poi fermano una donna. Fortunatamente è una professoressa, anche lei delle “Panzini”. Scende dalla bicicletta, mette la ragazzina in posizione di sicurezza mentre i compagni chiamano il 118. Inizia a piovere. C’è chi la copre, chi pensa a mettere a riparo la sua bici. Chi continua a chiamarla per capire se è vigile.

«Io chiamo mia mamma, ha il numero dei suoi genitori» dice Martina. «Ok, noi andiamo a casa sua - rispondono Cristiano e Martin - sappiamo dove abita. Magari troviamo lì la mamma». Nel frattempo arriva l’ambulanza. I medici chiedono cosa sia accaduto e i ragazzi spiegano i fatti. È ora di punta e sulla ciclabile c’è traffico. Alcuni passano e si arrabbiano anche perché c’è un po’ di confusione. Il massimo sono due ragazzini, sì e no di 10-11 anni, in due, su un monopattino, che iniziano a urlare di far strada. Un babbo che è nei pressi li invita ad andare più piano: «State attenti, siete anche in due». Per tutta risposta arriva un bel «vaffa». Evidentemente sono diversi dai ragazzi che, invece, sono ancora lì, dopo trenta minuti, sotto la pioggia, per capire come sta la loro amica. «I genitori non rispondono e non sappiamo dove siano« dicono alcuni di loro. A quel punto, sull’ambulanza, sale l’insegnante dimostrando un grande cuore. «E la bici? Cosa facciamo?». «La portiamo a casa noi, se la lascia qui ne trova due domani» dice Alberto. Alla faccia di chi dice che questi ragazzini sono egoisti e menefreghisti.

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