Rimini, “basta insegne dedicate a parenti defunti: l’hotel è un’esperienza, mica un necrologio”

Il biglietto da visita degli hotel è la risposta fornita a potenziali clienti «per mostrare un’anteprima dell’ospitalità che sarà offerta». Lo sostiene la 44enne Martina Manescalchi, toscana, consulente e formatrice per la società di consulenza Teamwork Hospitality di Rimini e direttore responsabile della rivista Wellmagazine edita dalla stessa società di consulenza alberghiera.

Gaffe a go go

«Sembra assurdo – sottolinea – che si faccia tanto per acquisire clienti e poi, quando chiamano, ci si limiti ad accontentare le richieste senza promuovere offerte, servizi extra ed esperienze personalizzate. Bisognerebbe interfacciarsi non con l’atteggiamento di chi pensa a vendere ma di chi si preoccupa di migliorare l’esperienza dell’ospite».

Sono passati 150 anni dall’invenzione del telefono, ironizza, «ma a quanto pare per hotel e ristoranti non è passata molta acqua sotto ai ponti». Si va dall’indecisione alla sociopatia priva di proposte alternative fino a una sorta di omertà, scherza la consulente. «Se chiedi di prenotare trattamenti nel centro benessere, ti passano la spa manager che ti liquida confermando che potrai scegliere i trattamenti che preferisci» come se fossero erogati dalla Cia. «Perché invece non vendere al cliente un pacchetto facendogli percepire il valore del servizio che poi magari, quando arriva in hotel, ha preso una multa in autostrada, litigato con la moglie e gli è passata la fantasia di acquistare altro?».

Domani è un altro giorno

Di seguito passa in rassegna gli errori più clamorosi: dalle risposte evasive a quelle troppo circoscritte che ribaltano o riducono in coriandoli le esigenze altrui. «Mi è capitato di telefonare a ristoranti di alto livello chiedendo quale fosse la proposta per San Valentino – racconta – qualora telefonassi nell’orario o nel giorno di chiusura neanche rispondevano non avendo il trasferimento di chiamata. Il top è stato sentirmi dire: “Riattacchi e sentirà un messaggio automatico che elenca il menù”. L’equivalente, altrettanto frequente, di “vada a vedere sul sito”».

Altro scivolone? Molti clienti esaminano le offerte sulle piattaforme di prenotazioni online prima di telefonare in hotel e fissare la camera. Il che, tra parentesi, eviterebbe ai titolari di pagare la commissione in cambio magari di un piccolo sconto. «Da Bologna hanno risposto che erano al completo, mentre un titolare di Verona non sapeva se ci fosse disponibilità perché non era in hotel. Per prenotare mi ha invitato ad aspettare il giorno dopo».

Bon ton: chi l’ha visto?

Altro capitolo: la cortesia, questa sconosciuta. Commenta Manescalchi: «I social hanno abituato a confidenza e approcci molto friendly che non vanno bene per certe fasce, da quella del lusso alla senior, spesso sottovalutata nonostante l’alta capacità di spesa e i tanti interessi». La classica buccia di banana è rispondere che l’albergo è pieno e riagganciare, mostrando che lo spettro della pandemia non ha insegnato granché. Note dolenti anche sul fronte accoglienza disabili dove per essere inclusivi non basta un’ampia camera con bagno ad hoc. «Il mondo dell’ospitalità italiano – riconosce – considera solo i problemi motori, ma a cosa serve la stanza accessibile se poi la spa non è attrezzata e mettendo il naso fuori dall’hotel è un tripudio di barriere architettoniche?».

Il coraggio di rinnovarsi

Capitolo Riviera. «E’ svalutata e fa leva su prezzi da destinazione economica. Una pecca nella comunicazione? Siti molto simili e incentrati su una non meglio precisata ospitalità romagnola. E poi i nomi degli hotel spesso dedicati a parenti defunti. A volte obiettano che cambiando nome, tocca cambiar l’insegna e io rispondo che magari è ora, perché dei cimeli del 1945 sono pieni i musei». Scherzi a parte «dal nome bisogna capire la tipologia dell’offerta e i valori della struttura senza generare confusione né aspettative sbagliate, magari creando un hashtag accattivante, ma soprattutto facendosi ricordare per un’esperienza unica, non per un necrologio. Con buona pace della zia Mariuccia».

Commenti

  1. finalmente qualcuno/qualcosa si muove in questa valle di lacrime e di persone che ignorano la necessità di gestire un cambiamento basato sull’umanesimo dei rapporti umani.

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