Rimini. A 81 anni fugge dalla Rsa: "Voglio riavere la libertà"

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«Io non ci torno alla casa di riposo: solo minestrine, mele lesse e gente che grida di notte invocando la madre». Anziana scappa da una Rsa di Faenza, sale sul treno e scende in Riviera, dov’era stata felice in vacanza, pronta a bussare prima al vecchio hotel e poi al parroco. Non l’ha fermata il freddo pungente che nei giorni scorsi ha intrappolato nella sua morsa la Romagna, né il bastone con cui cammina a fatica dopo un recente intervento all'anca, né tantomeno le incognite a cui andava incontro con la sua fuga.

La vicenda

Ines (nome di fantasia) ha approfittato di una distrazione del personale della Rsa, dov’è ospitata da qualche mese a Faenza, per sgattaiolare via subito dopo colazione, vestita di tutto punto, senza dimenticare la borsetta e l’inseparabile agendina giallorossa con indirizzi e numeri salvavita. L’81enne si è diretta alla stazione, tutt’altro che vicina alla residenza, ed è salita su un treno con regolare biglietto, per poi cambiare a Rimini, e scendere a Bellaria Igea Marina. Di improvvisato nel suo piano non c’era niente: prima di concretizzarla, ogni mossa era stata ripetuta più volte nei pensieri con tutte le variazioni del caso. Impresa elementare per chi, come lei, ha lavorato una vita in un ruolo apicale, presso una nota azienda privata.

Il vecchio albergo

Scesa alla stazione che l’aveva accolta tanti anni prima, si è recata all’Hotel Flora, dove aveva trascorso le vacanze con la famiglia, quasi un’era geologica prima, quando era ancora giovane e spensierata. Allertati dallo scampanellio insistente, i titolari che abitano sopra la struttura sono scesi a salutarla, riconoscendola, ma per lei non avevano buone notizie: l’hotel era chiuso, impossibile quindi ospitarla. Ines non si è persa d’animo e li ha ringraziati comunque, seppur «colpita da quanto fossero invecchiati». Dopo si è trascinata in un bar a mangiar qualcosa, rimuginando sul piano “B”. Due le ipotesi, sempre legate dalla bussola del cuore: recarsi «nella favolosa Lisbona, in Portogallo», dove aveva trascorso una villeggiatura, o rifugiarsi dalla zia che abita su un’isola lontana. Ma anziché salire su un altro treno, complice la stanchezza, nella sua mente ha prevalso la soluzione a chilometro zero: chiedere aiuto, recandosi in chiesa. Accolta con grande umanità, ha raccontato il suo malessere, a partire dai pasti che sono uno scolorito ripetersi «di minestrine annacquate, mele cotte e prosciutto di cent’anni fa».

Agendina e soccorsi

Ma quando si è definita sciupata e deperita, ha fatto alzare le antenne ai presenti perché in realtà appariva pulita, curata e in forma. Poi tutto è girato più veloce. Accertato che la signora non avesse mai subito alcun maltrattamento, il parroco e le sopraggiunte forze dell’ordine l’hanno spronata con pazienti trattative ad avvertire la Rsa. Grazie alla famosa agendina, fil rouge della rocambolesca fuga, i soccorritori hanno contattato tutti, in primis l’amministratrice di sostegno. Impossibile invece seguire la raccomandazione di Ines: non riferire dove si trovasse. «Dite che sto bene – ha ripetuto più volte - ma che non tornerò lì, né in altre strutture, mi sento nel pieno delle forze».

Una storia di solitudine e disperazione quella della nonnina, che la comunità ha coccolato e rifocillato, durante la ligaza prevista per la serata. Intanto la segnalazione della sparizione ai carabinieri faentini è arrivata solo nel tardo pomeriggio, quasi in corrispondenza delle chiamate partite dalla Rivera.

Finale dolce amaro

Nel frattempo Ines, stringendosi nel cappotto, raccontava di nottate da incubo, a causa degli ospiti «che gridano invocando la madre o gli angeli», ma anche dell’amarezza di chi, dopo aver rotto i ponti con i figli che, stando alle sue parole, le buttano giù il telefono quando chiama, vede che nessuno le dà retta, a partire dal sindaco a cui avrebbe scritto più volte chiedendo una casa popolare.

«Le Rsa sono luoghi che ti risucchiano la vita o quel che ne resta - ha ribadito -. Gli altri hanno deciso per me e scappare è l’unica scelta». E ancora: «Meglio la strada, anzi la morte. Rivoglio la mia libertà». Dolce amaro anche il finale. Una volta tranquillizzata, la signora che, secondo i medici della Rsa, non sarebbe sempre lucida e accuserebbe varie problematiche, è stata condotta in un posto sicuro, in attesa dell’arrivo dei familiari.

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