Rimini. "A 10 anni dal cancro, ora sono alle Hawaii per l'Ironman"

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«Affronterò un Ironman all’anno, ma non chiamatemi supereroe». Conto alla rovescia per i mondiali delle Hawaii, a cui giovedì 6 ottobre «parteciperanno circa 4mila appassionati e professionisti da tutto il mondo, anziché i canonici 2500, visto che si tratta della prima edizione post Covid». A segnalare la portata epocale dell’evento è la 48enne riccionese Roberta Liguori, mental coach in ambito internazionale, ma anche triatleta e scrittrice. Un percorso tutto in salita il suo, dato che nella primavera del 2012 le è stato diagnosticato un cancro. Ma Roberta non si è mai arresa e dopo aver lottato con la forza di una leonessa, si è imbarcata in una convalescenza atipica, iscrivendosi al primo Ironman nel 2015. Adesso le iscrizioni sono schizzate a quota 6, con 5 competizioni portate a termine. A fermarla in una delle due sfide fronteggiate a Cervia, quella del 2017, ci ha messo il tentacolo una medusa che l’ha punta in bocca scatenando una crisi allergica. Tra incognite e imprevisti a restare immutato è il copione della gara che consiste in 3.86 chilometri da percorrere a nuoto nell’oceano aperto, nonché 180.2 chilometri in bici, l’equivalente andata e ritorno Riccione-Bologna, e la maratona da 42.195 chilometri. Con un dettaglio essenziale. Solo chi completa la gara di endurance entro il tempo massimo di 17 ore potrà fregiarsi del titolo di Ironman.

Allenamenti da quasi sei ore

Quanto a Roberta, il biglietto per l’arcipelago del Pacifico se l’è conquistato lo scorso anno in Austria, dove ha trionfato su 150 donne chiudendo in 11 ore e 20 minuti. «Non sono una professionista - si schermisce - perciò devo incastrare gli allenamenti in una vita da imprenditrice e formatrice. Impresa non facile visto che tengo oltreconfine corsi di coaching, crescita personale e comunicazione efficace». Senza dimenticare che ha scritto tre libri, “Perché io sogno forte”, “Pensieri straordinari” e “Non chiamatemi supereroe” e si allena almeno due volte al giorno tutti i giorni. «Capitolo a parte per il sabato e la domenica quando – precisa - gli allenamenti sfiorano le 6 ore». Una parabola, quella della blogger da oltre 25mila follower, che pare spostare sempre un po’ più in là i confini dell’impossibile.

La gara delle gare

Proprio le Hawaii sono la culla della sfida più dura al mondo inventata nel 1978 da tre amici. Decisi a stabilire chi fossero gli sportivi più tosti tra ciclisti, nuotatori o corridori, incastrarono in un’unica gara le tre discipline «con uno sfondo dove il clima funge da zavorra per la grande umidità, il caldo e il vento che cambia direzione di continuo». Condizioni proibitive che, per quanto possibile, Liguori ha ricreato negli allenamenti estivi sotto il sole a picco. A sostenerla c’è il marito che definisce il suo più grande fan ma anche i collaboratori pronti a sostituirla in azienda. «Mi commuove che la gente si senta ispirata dalla mia storia – sottolinea -. Di recente Rai1 mi ha contattata in quanto coach più seguita in Italia, ma trovandomi negli Stati Uniti ho dovuto declinare l’invito».

Fiore d’acciaio

Contrattempi a parte, il suo obiettivo resta inalterato: «Spronare le donne di qualsiasi età e quanti combattono una malattia a capire che esiste solo l’età mentale». Tradotto. Non è ciò capita a fare la differenza bensì la nostra reazione. «Per questo – assicura - finché la salute me lo permetterà continuerò a affrontare un Ironman all’anno, forte di un precedente: la suora canadese, Madonna Buder che nel 2012 a 82 anni suonati è riuscita a terminare la competizione». Nell’attesa di eguagliare il record, Roberta ribadisce che «è questo l’atteggiamento da sfoderare in tutte le sfide della vita tenendo a mente che il peggior nemico di ognuno è se stesso. Solo così si vince. Parola di chi nella sua professione coniuga la performance di mente e corpo». E visto che, quando si tratta di sogni non c’è bisogno di tirare il freno, la wonder woman della Perla ha chiaro il prossimo obiettivo, l’Ironman 2023, «certa che ogni giorno vada vissuto come fosse l’ultimo per non annaspare in decisioni sbagliate evitando i rimpianti».

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