Rimini, 6 poveri su 10 fin dalla nascita: i dati Caritas

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Ci sono i nuovi poveri, da anni ormai è diventato un mantra, e tre anni di pandemia lo hanno rafforzato. Come abbiamo anticipato sul Corriere nei giorni scorsi: le persone che dal 2020 ad oggi hanno bussato per la prima volta alla porta della Caritas di Rimini sono quasi il 60% del totale. Erano nuovi casi il 32% dei 966 accolti nel 2021 e nell’anno in corso sono nuovi già il 42%, con un’età sempre più bassa: 45 anni quella media. Ma soprattutto colpisce il fatto che in molti casi la povertà sia un “fattore ereditario”. Dal primo Bilancio sociale dell’ente caritativo riminese, presentato ieri in contemporanea con quello nazionale, emerge come la mobilità sociale sia quasi azzerata per le fasce più deboli: «Sei poveri su dieci, fra coloro che si rivolgono a noi, lo sono da quando sono nati. Servono cinque generazioni per emanciparsi da questa condizione – spiega Isabella Mancino dell’Osservatorio povertà della Caritas di Rimini –. La povertà intergenerazionale, insieme all’emergenza casa al primo posto, al lavoro che manca o si perde, alla solitudine e all’analfabetismo digitale, sono gli elementi che generano il problema». Le storie, ancor più dei numeri, dipingono il quadro: Andrea ha 40 anni e si è fermato alla terza media. «Non potevi prendere almeno un diploma professionale?», gli hanno chiesto alla Caritas, ma lui ha risposto che no, non gli era possibile: «Mio padre è andato via di casa quando avevo 7 anni e mia madre da sola non riusciva a coprire tutte le spese, quindi ho mollato tutto e mi sono messo a lavorare».

La casa che non c’è o è cara

Alberto invece un lavoro e uno stipendio ce li ha: «Avevo perso il lavoro durante il lockdown, ora finalmente ne ho trovato uno nuovo e prendo regolarmente lo stipendio. Sono appena mille euro, ma non riesco a trovare una casa in affitto. Sono mesi che cerco, ma sembra quasi che non esistano». Il tema della casa è un’emergenza da più angolazioni. «Il 40% delle persone che si rivolge a noi per mangiare o per un aiuto in realtà la casa ce l’ha – spiega ancora Isabella Mancino – ma ha difficoltà a pagare un affitto troppo alto. Ad esempio ci sono diverse persone che hanno ottenuto il reddito di cittadinanza e con questo possono pagarsi magari un monolocale in residence almeno in inverno, ma poi non gli avanza altro per mangiare. Gli sfratti aumentano e si complica così ulteriormente la possibilità di trovare una casa a minor prezzo, cosa che sembra già impossibile: c’è chi la cerca da oltre un anno e mezzo. Ma ci sono anche le persone che non riescono a pagare le bollette, e ci aspettiamo da qui a breve un’ondata». C’è poi chi un tetto sulla testa non ce l’ha e vive per strada. Sono 561 le persone seguite dalla Caritas diocesana, solo su Rimini. Dormono sotto i ponti, nelle barche o nelle cabine vuote della spiaggia, nelle colonie abbandonate. «Anche per i senza fissa dimora il fenomeno si evidenzia in estate, ma sono almeno 300 le presenze fisse in città – spiega Mancino –. Un fenomeno in crescita sono gli atti di violenza e aggressione nei loro confronti, in molti ci dicono che hanno paura». «Mi hanno rubato tutto, stavo dormendo, non riesco mai a dormire, ma ieri ero troppo stanco – ha raccontato Walid al centro di ascolto – a momenti non mi ritrovavo neppure le mutande questa mattina».

La crisi che avanza

Chi chiede aiuto, nell’ 87% dei casi non ha un lavoro, nel 5% ha paghe misere. Non manca, denuncia il report, chi racconta di aver abbandonato il lavoro, a fronte di un contratto che dichiarava 4 ore al giorno e uno di riposo, e invece si trovava a svolgere 12 ore di fila , senza riposi e uno stipendio da fame. «Sono arrivata qui perché ho la schiena a pezzi – è la storia di Rita – è vero sono sola, non ho una casa e il lavoro con vitto e alloggio era la soluzione, ma a quelle condizioni non ce l’ho fatta. Dovevo fare l’aiuto cuoca, invece oltre alla cucina mi chiamavano a tutte le ore per pulire anche le camere e stirare i panni. è capitato che mi svegliassero anche di notte per sistemare una stanza. Non ce l’ho fatta più!». «Fino ad agosto eravamo contenti perché quest’anno eravamo riusciti a reinserire nel lavoro 40 persone – spiega Roberto Casadei Menghi che si occupa del Fondo lavoro, che è stato istituito nel 2013 e da allora ha raccolto 937 domande di persone desiderose di lavorare, e raccolto 780mila euro da donazioni, fondi pubblici, privati e di Caritas italiana –. Caritas eroga un contributo a fondo perduto alle aziende pari al 15% del costo lordo del dipendente assunto che va ad abbattere il cuneo contributivo. Nonostante questo, dopo l’estate abbiamo trovato un crescente timore da parte delle aziende: qualcuno non ha rinnovato i contratti, altri si sono tirati indietro. Nei prossimi mesi sarà ancora più dura perché ci aspettiamo che saranno tante le persone che perderanno il lavoro». «Suoniamo un campanello d’allarme, non una campana a lutto. Ci occorrono umiltà e coraggio, umiltà per cambiare le lenti con le quali osservare la realtà, senza dividerci in pessimisti e ottimisti. Ci è richiesto realismo, ma non quello che ci paralizza bensì quello animato dalla speranza, che non è un prodotto ma un germoglio che se coltivato può diventare frutto», ha detto il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi commentando i dati sulla povertà contenuti nel Bilancio sociale che la Caritas, facendo propria una frase di Papa Francesco, ha titolato non a caso “Non fatevi rubare la speranza”. La chiave per uscirne, ha aggiunto il vescovo, è la «parola decisiva per la Caritas: insieme. “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli uomini”» cita Lambiasi riprendendo “Il piccolo principe” di Antoine de Saint Exupèry. Insieme anche alla città, sempre di più, ecco perché questo primo Bilancio sociale Caritas è stato presentato anche pubblicamente ieri sera al cinema Tiberio. «Il rapporto sulle povertà, con tutti i suoi numeri, esisterà sempre, ma per noi era importante raccontare la Caritas più a fondo – ha aggiunto il direttore Mario Galasso –. È evidente che non possiamo essere soli su temi come la povertà, la casa, il lavoro, così come non possono essere sole neppure le amministrazioni pubbliche». Sul territorio oltre alla Caritas diocesana operano 30 sezioni parrocchiali (71 sono le parrocchie in tutto) e 13 interparrocchiali. I volontari impegnati ad accogliere chi ha bisogno ogni giorno attraverso una serie molteplice di servizi sono ad oggi 425. La sua storia è iniziata nel 1985 con l’avvio del centro di ascolto, il dormitorio che nel 2021 ha accolto 74 persone per 801 notti, la mensa (che nel 2021 ha preparato 83.087 pasti), l’Operazione cuore. Nel tempo si sono aggiunti il “Giro nonni” (44mila km percorsi l’anno scorso), il “Giro mobili”, e i servizi di prossimità, il telefono solidale, a metà anni Novanta i servizi per gli immigrati. E andando avanti veloci: nel 2013 il fondo per il lavoro, nel 2016 l’emporio solidale, nel 2017 l’ambulatorio e la casa Laudato sii, nel 2018 l’unità di strada, fino al 2020 la “Locanda 3 angeli” che ha dato un letto caldo l’anno scorso a 55 persone per 2493 notti.

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