Riccionese salva una balena di 16 metri e il suo cucciolo di due mesi

Riccione

La sua è una vita tutta in difesa dei giganti del mare. Giusto domenica ha salvato una balena di 16 metri, intrappolata in 5 reti con il piccolo 2 mesi, il riccionese Lucio Conti. Che, 47 primavere sulle spalle ed energia vulcanica, ha lasciato la Perla nel 1999 lavorando in centri di interazione ed acquari in giro per il mondo, fino al trasferimento definitivo del 2019 in Messico, dove ora copre il ruolo di direttore generale dei parchi Adventures group. Ma non solo. Conti si è anche integrato, anima e cuore, alla Raben, in prima linea per i salvataggi di creature marine impigliate in reti da pesca. Operazioni che richiedono fino a tre imbarcazioni, ma anche dai 10 ai 15 professionisti, nonché 5 ore di lavoro sfiancante e pericoloso e 300 litri di carburante, a fronte di un costo minimo di 3mila euro. Raggiunto dal Corriere Romagna a prova di fuso orario, con tanto di oceano in mezzo, questo ambasciatore di Riccione nel mondo, mette sotto la lente il caso del delfino spiaggiato venerdì davanti al Bagno 33 della Perla e probabilmente morto perché rimasto intrappolato in reti da posta. «Premetto che non sono né un dottore, né tanto meno un veterinario, ma con l’esperienza accumulata nella carriera posso affermare che un caso isolato non deve creare allarmismi». È piuttosto naturale infatti che «delfini o tartarughe al termine della loro vita si spiaggino». D’altronde delle due possibilità l’una: «O diventano cibo per predatori, o finiscono in qualche spiaggia a decomporsi». In quest’ultimo frangente «le cause di morte possono essere varie. Nel dettaglio la rete nella coda può far supporre una situazione di impigliamento e quindi la probabile morte per annegamento (con l’acqua nei polmoni)». Vero è, commenta poi, che la necroscopia a «questo stadio diventa molto complicata, come ben sanno gli esperti che si apprestano ad effettuarla. Le spiagge infatti sono molto contaminate e 24-48 ore post mortem è molto difficile individuare le cause specifiche». Il che vale tanto più per le carcasse che «hanno subito mareggiate e decomposizione su una spiaggia popolata da numerosi organismi che potrebbero disorientare rispetto al vero evento che ha cagionato il decesso». Riguardo alle reti sottolinea che «negli Stati membri dell’Ue, la pesca è più controllata rispetto ad altre aree». Il vero problema piuttosto «resta la pratica intensiva non regolata. Basti pensare alle reti a strascico». Ed a chiusura del cerchio ribadisce: «Se poi si verificassero situazioni analoghe magari si potrebbe avvalorare un collegamento con la pesca intensiva. Perché la mancanza di nutrimento fa sì che queste specie si muovano di zona in zona, uscendo dal loro habitat».

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