Riccione. Niente tartarughine nelle ultime 45 uova. «Ma è un risultato positivo visto il meteo»

Riccione

Uova di tartaruga, in 45 non ce l’hanno fatta. Nella notte del 24 giugno, sulla spiaggia del Marano, una tartaruga marina ha deposto 83 uova, dando inizio a un’estate insolita e straordinaria per Riccione. Quel nido, sorvegliato giorno e notte da volontari e protetto da un’ordinanza comunale che ha interdetto l’area a ombrelloni, sdraio e attività rumorose, è stato dismesso ufficialmente il 15 settembre con l’ispezione della Fondazione Cetacea. Il bilancio parla di 38 piccoli che hanno raggiunto il mare, mentre in alcune delle uova rimaste si erano formati embrioni bloccati poi dal peggioramento climatico. «Quando sono stato chiamato quella notte di giugno - racconta Sauro Pari, presidente della Fondazione Cetacea - i tempi di deposizione erano perfetti e il clima caldo. Ero pieno di speranza. Ma dopo venti giorni le temperature si sono abbassate, non c’è stata più una giornata bella. Abbiamo pensato che andasse a finire male. E invece no: la natura è la forza della vita». E sottolinea una differenza importante: «Si parla spesso di dislocare i nidi, ma non sempre capiamo se le condizioni siano così sbagliate. Noi non abbiamo spostato nulla: abbiamo protetto, monitorato, impedito che gli esseri umani disturbassero questo evento straordinario. Abbiamo assecondato la natura, non l’abbiamo cambiata».

Per settimane, la striscia di sabbia tra i bagni 132 e 134 è diventata un punto di osservazione. Il Comune ha predisposto delimitazioni e cartelli, vietando il transito non autorizzato e garantendo la tutela del sito, mentre la Fondazione ha lanciato un appello che ha raccolto una risposta corale: 356 volontari hanno coperto quasi duemila ore complessive di presidio. «Senza di loro non ce l’avremmo fatta - sottolinea Pari -. È stato bellissimo vedere come si sia creato un clima positivo anche con i turisti, che venivano a informarsi e in molti casi hanno chiesto di diventare soci. È stato un avvicinamento concreto al nostro lavoro».

Le prime schiuse sono avvenute tra fine agosto e i primi di settembre, oltre i tempi consueti che in media si fermano attorno ai sessanta giorni. «Quando abbiamo visto uscire i primi quattro piccoli - ricorda Pari - ci siamo emozionati tutti, perché ormai eravamo convinti che non sarebbe successo». Si tratta comunque di un risultato «molto positivo, viste le condizioni climatiche eccezionali e le particolarità dell’arenile di deposizione - si legge in un post della Fondazione Cetacea - aspetti che indagheremo ulteriormente per migliorare il nostro intervento negli anni a venire».

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