Riccione, il dolore degli operatori del Centro 21 dopo la tragedia

Riccione

Non se la sentono di parlare singolarmente, di raccontare uno per uno il proprio dolore per la perdita di ragazzi e ragazze “speciali” perché affetti dalla sindrome di Down. Quei giovani e meno giovani che nella casetta bianca e azzurra di Centro 21 sperimentavano e acquisivano la loro autonomia, i loro desideri e i loro sentimenti.

Allora i loro educatori si fanno forza e quel dolore gigante lo esprimono tutti insieme. Si affidano alle parole di un’operatrice divenuta per l’occasione portavoce, Eleonora Gennari, che in piedi, davanti alla porta dell’associazione che è anche una casa, legge il messaggio colmo di sofferenza condiviso con gli educatori. In silenzio, stretti intorno a lei, la ascoltano ripetere ai cronisti le parole che ripercorrono il senso del loro agire e del loro dolore.

«Sono perdite che ci lasciano un vuoto incolmabile – dicono, in riferimento al socio volontario Massimo Pironi e ai cinque ragazzi con disabilità deceduti –. Erano in viaggio per partecipare a un evento in collaborazione con Centro Zaffiria, per cui lavorava anche Alfredo Barbieri». Con lui, Rossella, Valentina, Maria e Francesca che da diversi anni vivevano insieme nel loro gruppo appartamento, «erano felici ed emozionate – sottolineano – perché quella era la loro prima vacanza insieme». «Romina, invece – aggiungono – è la nostra super educatrice, attenta a ogni ragazzo, bravissima. Non sappiamo come potremo riprenderci da tanto dolore, ma sappiamo che quello che resta è un centro con gli altri ragazzi, che hanno bisogno più che mai di ritrovare vivo questo luogo che è anche la loro casa».

«Ce la faremo – concludono – forti anche del loro grande insegnamento».

Doveva essere una vacanza

A raccontare all’Italia cos’è l’associazione Centro 21 è stata proprio lei, la presidente Maria Cristina Codicé, mamma di una delle ragazze morte, Maria Aluigi, di 32 anni. Intervistata davanti all’ospedale di Treviso, la donna spiega che la realtà educativa ospita 60 ragazzi, e che quando i giornalisti l’hanno chiamata per chiederle informazioni ha capito subito che i morti erano loro. «Ho salutato mia figlia alle 11.30, era felicissima di partire. Aspettavo che mi chiamasse per dirmi “mamma, sono arrivata”». Quella chiamata, però, non l’ha mairicevuta.

Lo strazio di chi li stava aspettando

«Anche a Lauco dove aspettavamo i ragazzi è lutto cittadino. Non riesco a parlare, dormire, mangiare, respirare. Per noi è terribile e insopportabile». Sono le parole di Alessandra Falconi, la referente del centro Zaffiria, dove il pulmino di ragazzi del Centro 21 era diretto per partecipare all'iniziativa conviviale “Ventuno cuori in osteria”. «Avremmo mangiato tutti insieme. Con Alfredo avremmo portato la piadina ai pochi abitanti di questa valle. Massimo avrebbe fatto i pomodori al forno. Io e le ragazze avremmo sbucciato le patate. Una piccola osteria con 21 cuori speciali. Ora il dolore grida feroce peggio dei lupi, la pancia è strappata da un male assurdo, il naso e la bocca non sentono aria. Muoriamo anche noi».

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