Restituiti i beni sequestrati alla Miss. La ditta nel frattempo è andata a rotoli

Riccione

RIMINI. L’azienda di famiglia, una società per azioni nel settore della distribuzione automatica, è andata all’aria in poco tempo dopo il clamore e i provvedimenti cautelari emessi all’indomani dei sospetti di “esterovestizione”. Per gli investigatori della Guardia di finanza la ditta aveva soltanto una sede formale a San Marino, ma di fatto avrebbe avuto stabile organizzazione in Italia. Le indagini si concentrarono su due donne, madre e figlia (Savitri Ciavattini, già Miss Riccione e Miss Modella Domani a Miss Italia 2007) - rispettivamente amministratore di fatto e di diritto - e il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, che nel maggio 2016 dispose il sequestro di beni per due milioni e ottocentomila euro, si basò sul presupposto della “finta” domiciliazione aziendale sul Titano. Alla fine dei ricorsi contro il provvedimento (confermato in appello, annullato con rinvio dalla Cassazione e infine bocciato dal Riesame nei giorni scorsi) tutti i beni sequestrati ai fini dell’eventuale confisca, compresa una villa a Covignano, sono stati restituiti alle due donne.

Una “vittoria” dal sapore amaro

Nel frattempo, infatti, sotto i colpi dell’inchiesta (anche i conti correnti erano stati bloccati), l’azienda è finita in liquidazione. Le due donne, difese dagli avvocati Paolo Gasperoni e Alfonso Vaccari, restano al momento indagate per evasione fiscale: hanno appena ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio. Adesso più che mai, però, sono certe di avere tutte le carte in mano per dimostrare la propria innocenza, “gridata” fin dalla notifica dei sequestri. L’indagine era partita da una segnalazione della Guardia di finanza di Chioggia e l’input iniziale era stato raccolto dalle Fiamme gialle riminesi. La società era appunto sospettata di “esterovestizione”, anche sulla base dei dati forniti dall’Anagrafe tributaria e sulle risposte ai questionari inviati ai soggetti economici che avevano intrattenuto rapporti commerciali con l’impresa. L’Agenzia delle Entrate di Rimini aveva giudicato sussistenti le irregolarità segnalate e aveva trasmesso l’esito dell’accertamento alla Procura di Rimini. Infine, la Guardia di finanza di Rimini aveva quindi ottenuto in prima battuta il sequestro di beni per un ammontare equivalente alle imposte evase calcolate in complessivi 2,8 milioni di euro circa di cui 2,3 milioni di euro a titolo di Iva evasa dal 2009 al 2014, e circa mezzo milione a titolo di Ires evasa negli anni 2009 e 2010. Le imposte erano state calcolate su un ammontare complessivo di 12 milioni di euro di materia imponibile non dichiarata al Fisco. Se la sede sammarinese è da ritenersi “legittima” è però evidente che i conti sono tutti da rifare.

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