Lo stupratore della colonia? Dopo un anno è stato scarcerato

Riccione

RIMINI. L’aveva picchiata selvaggiamente, rompendole la mandibola, e poi stuprata con la complicità di un amico che faceva da palo e stava davanti alla porta per impedirle di scappare. Il giovane, Anuar Hagib, 22 anni, marocchino, era stato arrestato assieme al complice con l’accusa di violenza sessuale e lesioni e presto sarà processato per quegli addebiti. Nel frattempo però è stato scarcerato e si è reso irreperibile. C’è da scommettere che non si presenterà mai in aula.

La cattura

Il marocchino era stato arrestato all’indomani dell’aggressione, alla metà di luglio del 2016. Un mese e mezzo fa è stato scarcerato dal Gip del Tribunale di Rimini, su richiesta del pm, con il solo obbligo del divieto di dimora nella provincia di Rimini. Paradossale appare anche l’ordine di lasciare il Riminese entro ventiquattro ore: era infatti detenuto nel carcere di Piacenza e si sarà dileguato in tutta fretta senza neppure passare dal via. A presentare la richiesta di attenuazione della misura non è stato neppure il suo difensore, avvocato Liana Lotti, che ha scoperto a giochi fatti della liberazione. Lo straniero è adesso uccel di bosco anche per lei. Il pm aveva chiesto la sostituzione del carcere con il divieto di dimora in ragione del lungo tempo trascorso in carcere (un anno), periodo idoneo a espiare in concreto un effetto deterrente e dissuasivo avendo certamente già maturato consapevolezza in ordine alla gravità delle conseguenze a cui si esporrebbe in caso delle violazioni» degli obblighi (il divieto di dimora) affievoliti rispetto al carcere.

La vittima

La donna picchiata e violentata all’epoca è una 47enne che viveva senza fissa dimora (è assistita dall’avvocato Elena Fabbri). Secondo la ricostruzione fatta da lei stessa ai carabinieri, all’interno della colonia riccionese “Casa del Bimbo”, i due ragazzi marocchini, uno di 21 e l’altro di 19 anni, si sarebbero scagliati contro di lei per trascinarla dentro una stanza. A nulla servirono le urla e il tentativo di liberarsi della donna, che in risposta ricevette calci e di pugni. Colpi anche sul volto, uno dei quali le frattura la mandibola. Solo una volta immobilizzata, i due andarono avanti con i loro intenti. Fuori era scoppiato un nubifragio. Dentro l’incubo era appena all’inizio. «Mi hanno picchiata e violentata per punirmi del fatto che mi sono rifiutata di fornire a uno di loro un falso alibi», aveva raccontato agli investigatori la donna aggredita anche sessualmente nella stanza 33 della colonia abbandonata. «Qualche giorno prima mi aveva mostrato un coltello insanguinato e mi aveva chiesto di dire che la sera di una rissa in stazione ero con lui da un’altra parte della città. Di fronte al mio rifiuto si è arrabbiato e mi ha dato dell’infame. Poi è successo quello che è successo... ».

"Mi avevano ridotta un mostro"

I due giovani finiti in manette avevano sostenuto che il motivo della lite era un altro e negato la violenza sessuale ( il ricordo della serata rimase per entrambi piuttosto confuso per via di una asserita assunzione di alcol). «Quella era la mia stanza», aveva spiegato Anuar. La donna, barista da due settimane senza lavoro, aveva trovato una sistemazione di fortuna nello stabile di via Manfroni. «In quella colonia abbandonata ho visto la morte in faccia» aveva detto al Corriere. «In ospedale sono passata davanti a uno specchio e ho guardato la mia faccia e... non ci potevo credere. Il mio occhio sinistro era completamente chiuso, avevo la mandibola rotta e la mia faccia era come se avessi un pallone da basket in bocca. Ero un mostro. Ho iniziato a piangere. “Mi ha rovinata” pensavo senza sosta. Deve pagare». Già, deve pagare.

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