Riccione, 15 anni fa la morte della ragazza dei delfini: il suo assassino presto sarà libero

La sera del 2 febbraio di 15 anni fa Alessandro Doto uccise con 25 coltellate Tamara Monti, 37 anni, addestratrice di delfini di Oltremare. Tra poche settimane il suo assassino tornerà ad essere un uomo libero. Avrà infatti finito di scontare la condanna a 14 anni inflittagli dal Gup del Tribunale di Rimini Lorena Mussoni e poi confermata dalla Corte d’Appello di Bologna. Una sentenza mite arrivata a seguito dell’esito delle perizie che stabilirono la sua semi-infermità mentale. La buona condotta gli è valsa poi l’ulteriore riduzione della pena di altri due anni. Alessandro Doto però già da tempo ha lasciato il regime detentivo. Vive e lavora in una comunità terapeutica del forlivese che può lasciare ogni weekend per far ritorno dai genitori. A breve terminerà di scontare anche i tre anni della misura di sicurezza accessoria disposta dai giudici una volta scontata la condanna.

La tragedia

Tamara Monti venne trucidata poche ore prima del suo trasferimento nella nuova casa dove dal giorno dopo sarebbe dovuta andare a vivere con il proprio compagno. Da tempo era finita nel mirino di Doto che disse di essere «esasperato» dal continuo abbaiare dei cani della coppia. Una «esasperazione» scoppiata la sera del 2 febbraio 2007. Ben 25 le coltellate inferte dall’assassino che infierì con tale violenza sul corpo e il viso della vittima anche dopo la morte da piegare la lama del lungo coltellaccio usato per l’esecuzione. Una vera e propria mattanza cui Tamara, come ricostruito dai carabinieri e dall’anatomo patologo incaricato dell’autopsia, il professor Giuseppe Fortuni, cercò disperatamente di sottrarsi. L’avvocato Stefano Caroli che ha continuato a seguire Doto e il collega Moreno Maresi che l’hanno difeso in entrambi i processi, avevano anche tentato la carta della totale infermità di mente. La perizia dell’accusa era invece arrivata alla conclusione che Doto soffriva di un «grave e delirante disturbo della personalità» che si esprimeva in una «forte aggressività» e nell’«incapacità di controllare i propri impulsi».

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