Riccione. Annegato in piscina: autopsia per svelare il mistero

Riccione

Diongue Madlaye si è buttato nella piscina del Grand hotel di Riccione per aiutare la cugina in difficoltà - come lei stessa ha raccontato alla fidanzata del 21enne senegalese - senza sapere di essere affetto da Covid. Se è stato il virus a causargli quelle difficoltà respiratorie che sempre la ragazza salvata sostiene d’aver notato quando, raggiunto il bordo vasca grazie all’aiuto del ragazzo, lo ha visto respirare affannosamente, dovrebbe emergere nell’autopsia che sarà eseguita martedì mattina. Esame autoptico che si terrà all’ospedale Bellaria di Bologna, centro attrezzato per eseguire gli accertamenti sui corpi di pazienti colpiti da coronavirus. All’esame sarà presente anche il professor Sabino Pelosi, docente dell’istituto di Medicina legale di Modena nominato dall’avvocato Alessandro Petrillo consulente di parte della famosa struttura alberghiera. Sarà invece l’avvocato Massimiliano Orrù, a seguire la famiglia del ragazzo. «Il papà è venuto da me perché vuole fare chiarezza su quanto accaduto a suo figlio, senza dover apprendere le notizie da fonti non ufficiali». Intanto ieri pomeriggio su delega del pubblico ministero Paolo Gengarelli i Nas dei carabinieri di Bologna si sono presentati negli uffici della direzione del Grand hotel per acquisire tutta la documentazione riconducibile alla gestione della piscina che da tempo sarebbe stata affidata ad una società esterna.

Due vite spezzate

«Volevamo sposarci, per me lui era tutto», inizia così il suo racconto la fidanzata di Diongue da due anni e studentessa liceale. Diventerà maggiorenne ad agosto ma ha già cancellato i festeggiamenti in programma. A inasprire il doloreil fatto di essere partita due giorni prima della tragedia alla volta della Sardegna, dove abita la nonna. «Lei adorava Diongue e perderlo è stato un colpo durissimo per entrambe. Quando il telefonino è impazzito, mi trovavo in mare e non riuscivo a credere alla sua morte: è stato il mio primo amore ed io il suo». Commossa lo ricorda come un grande lavoratore che prima di conoscerla «pensava solo alla felicità degli altri e mai alla sua». Un ragazzo premuroso «a cui ogni tanto partiva la “S” romagnola» e che la scortava in motorino fino a casa, aspettando che fosse dentro al portone prima di ripartire. Le spezza il cuore rivedere i video in cui pochi minuti prima di morire, il fidanzato gioca con la cugina in piscina. «Non capisco perché abbiano permesso l’ingresso a mezz’ora dalla pausa del bagnino, né perché nonostante l’acqua limpida, nessuno si sia accorto che era sprofondato sul fondo, in posizione innaturale col ventre verso l’alto e le braccia aperte». Certo è che dedicherà ogni energia per raccogliere fondi «e riportare la salma nella terra natìa, il Senegal, dove progettavamo di vivere» e nel suo nome lotterà per realizzare il sogno che coltiva da sempre: «divenire medico e salvare altre vite».

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