Il reportage: i ragazzini schiavi della colla

Rimini

Henry, un bambino troppo piccolo per vivere in strada. Lo incontro a Kahawa, frazione alla periferia di Nairobi. Poche ore dopo sarei ripartito per Rimini, ma decido comunque di andare in strada con i volontari dell’Associazione Papa Giovanni XXIII per incontrare i bambini e i ragazzi che qui ci vivono.
Sono stanco, con la mente già in viaggio. C’ero già stato e così metto il pilota automatico. Una sessantina di ragazzi, il dialogo con loro per far capire che esiste un modo migliore di vivere, la medicazione delle piccole ferite, l’ascolto dei racconti della notte precedente. Per alcuni gli scontri con la polizia, per altri i segni delle botte con i coetanei per accaparrarsi quei pochi centesimi che servono per sopravvivere.
Mi siedo al margine di un immenso campo da calcio in terra rossa delimitato da una scuola pubblica e da una strada super trafficata. Tra il vociare delle centinaia di studenti stipati in pochissime classi e le macchine che passano, la confusione è assordante. Complici il caos e la polvere, mi siedo su una grande ruota di camion abbandonata e mi estraneo dalla realtà.
Lo scricciolo e la colla
Poi arriva lui, uno scricciolo barcollante con il cappuccio in testa e la bottiglietta di colla in mano. Non si avvicina a me con l’atteggiamento da bullo o con la voglia di giocare che tante volte ho visto nei bambini di strada. Si presenta come un pulcino impaurito, cerca protezione in un mio abbraccio e mi spiazza completamente. Sta in silenzio per un po’, poi vede il mio cellulare e mi chiede di fare una foto insieme per metterla su internet.
Gli domando il perché di una richiesta così particolare, visto che di solito questi ragazzi non vogliono farsi fotografare. «Spero che la mia mamma veda che sto bene», mi risponde. Scopro così che è originario di una piccola città vicina a Nairobi e che è fuori casa ormai da due anni. Capisco che anche in condizioni estreme come questa, di bambini cresciuti troppo in fretta, il bisogno di contatto e di tenerezza rimane vivo. La colla, questo, non lo può dare.


I ragazzi di strada e la droga
Di ragazzi come lui a Nairobi ce ne sono tanti. Oltre 50.000 vivono in strada, la maggior parte abusa delle droghe dei poveri come la colla dei calzolai. La colla sopisce i desideri, annebbia la sensazione di fame, placa il freddo, scioglie le inibizioni. Compromette le funzioni neuronali e rende incapaci di controllare il proprio corpo. Trovarla è semplice, ogni bottiglia costa pochi centesimi. «Pensi che un giorno potrò vivere a casa di Simone? Vorrei ritornare a scuola», mi incalza. «Certo che sì, basta che smetti di usare la colla», gli rispondo.
Ritorna in mezzo al gruppo di coetanei e poco dopo, al momento del pasto, non lo vedo più. Oggi, per lui, il richiamo della strada è stato più forte. Ci rimango male, ma poi penso ai tanti bambini accolti da Simone, volontario responsabile della casa di accoglienza del Progetto Rainbow a Nairobi. Per farli arrivare lì, c’è voluto del tempo, quello necessario per instaurare una relazione di fiducia e rispetto reciproco. Ma con pazienza e perseveranza sono certo che anche Henry ce la farà. E noi saremo lì, pronti ad accoglierlo.
I progetti e la speranza
Per lui e per i tanti altri ragazzi che vorranno camminare con noi, stiamo cercando di realizzare una nuova struttura, visto che quella attuale in legno dovrà essere presto demolita. Tanti amici della nostra città ci stanno dando una mano a realizzare il mio sogno: portare la generosità di Rimini nel cuore di questa baraccopoli di Nairobi.
*associazione Papa Giovanni XXIII

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