Non sono razzista, sei tu che fai perdere la mia squadra

Editoriali

Se non fai nulla che in qualche modo possa darmi fastidio, evito di fare caso al colore della tua pelle. O quantomeno non lo faccio notare ad alta voce. Se però commetti un fallo di troppo o rischi, con il tuo canestro, di fare perdere la mia squadra, allora cambia tutto. Diventi automaticamente un “negro di merda”, “una scimmia” e “devi tornare al tuo paese” o “affondare con il barcone”. Augustus Kargbo, attaccante della Sierra Leone in forza al Reggio Audace, sabato sera allo stadio Manuzzi di Cesena, ha pagato con beceri insulti e versi dello scimmione un’entrata brusca di troppo. Non cori, voci isolate, ma tante, troppe: chi era in Curva Mare, quella dei tifosi del Cesena, non può non avere sentito nulla. A una persona con la pelle bianca avrebbero urlato “devi morire” o “merda” o comunque offese generiche. Non complimenti, per carità, ma nulla di discriminatorio. Un africano, invece, un fallo di troppo non se lo può permettere: viene fatto retrocedere immediatamente ad appartenente a una razza inferiore. Yande Fall, ala-centro senegalese del Giulianova, domenica pomeriggio al palazzetto del basket di Rimini, un fallo non lo ha neppure commesso: lo ha subito. E’ andato in lunetta a pochi secondi dalla fine di una partita tiratissima e, tra il primo e il secondo tiro libero, si è sentito insultare da chi si trovava di fronte, qualche ragazzo della curva dell’Rbr, che ha indicato. Si è fermato e ha fatto capire all’arbitro cosa stava succedendo. Ha lamentato di subire razzismo e, per reazione, da alcuni tifosi si è beccato la sua bella dose di “negro di merda”, fino a quando lo speaker ha invitato il pubblico al rispetto della persona.
Non sono xenofobo: sei tu che vuoi fare perdere la mia squadra.

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