Wendy uccisa a Ravenna, la mamma pensava al folle gesto dal 22 dicembre. Sequestrati telefonino, tablet e pc

Ravenna
  • 12 gennaio 2024

Lo smartphone, il tablet e i computer, fisso e portatile. Negli strumenti utilizzati da Giulia Lavatura Truninger, posti sotto sequestro, si cercano messaggi, mail, chat. Comunicazioni potenzialmente ritenute di interesse investigativo nell’ambito della indagini sulla tragedia di via Dradi a Ravenna. Su quei dispositivi la 41enne potrebbe avere affidato i pensieri di un gesto folle (a suo dire valutato fin dal 22 dicembre) di buttarsi dal nono piano del palazzo in cui abitava portando con sé e di fatto uccidendo la figlia Wendy, di 6 anni e la cagnolina Jessie. E sempre nel corso dei rilievi è stato sequestrato il materiale trovato a terra, a margine del vialetto pedonale che porta all’ingresso dell’edificio, dove la donna è precipitata colpendo la tettoia che attutendole la caduta le ha salvato la vita. Fra questo materiale, anche i vestiti sono finiti fra gli oggetti che l’autorità giudiziaria vuole cristallizzare nell’ambito del fascicolo aperto per omicidio volontario pluriaggravato.

Prelevato il sangue della bimba

Ieri, invece, su disposizione del sostituto procuratore Stefano Stargiotti, è stata eseguita l’ispezione cadaverica affidando al medico legale il prelievo di campioni di sangue e altri liquidi della bambina. Scontata la causa della morte. Altre valutazioni saranno fatte riguardo la possibilità che alla bimba siano state somministrate sostanze dalla madre. Circostanza che la 41enne, difesa dall’avvocato Massimo Ricci Maccarini, ha però negato nel corso dell’interrogatorio di martedì davanti al pm, seguito da quello di mercoledì con il giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti, che si è riservato sulla misura. Conclusa l’operazione medico-legale, si attende ora il nulla osta per la sepoltura, che porterà così al funerale della piccola.

Sentiti medici e psicologi

Nel frattempo proseguono le indagini della Squadra mobile, che in questi giorni ha acquisito le cartelle cliniche della donna, seguita da anni dal Centro di salute mentale. Sentiti anche alcuni medici che l’avevano presa in cura, e che - secondo quanto riferito dall’indagata stessa - le avevano aumentato il dosaggio dei farmaci per fronteggiare il suo disturbo bipolare della personalità; pillole che a suo dire le provocavano un forte tremore alle mani, tanto da averla spinta a chiedere un farmaco ansiolitico per ridurre l’effetto collaterale. Ebbene, quegli stessi medicinali Giulia avrebbe smesso di prenderli fin da dicembre, dopo esseri rivolta a uno psicoanalista che già in passato - prima della gravidanza - l’aveva assistita. Stando a quanto da lei riferito, sarebbe stato proprio il terapeuta a suggerirle di buttarli nel bidone. Sentito a sua volta dagli inquirenti, lo specialista avrebbe negato di avere affrontato con lei questioni legate al dosaggio della terapia farmacologica indicata dal Csm.

Continuano invece a sommarsi i messaggi di cordoglio di una città sconvolta dalla tragedia che ha travolto la famiglia di Giulia. Fra tutti il marito Davide e il padre della donna, da lei accusati in un lungo post a tratti lucido a tratti sconclusionato pubblicato su Facebook, fra ansie e turbamenti, prima di decidere di farla finita con quanto di più caro aveva al mondo.

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