Ravenna, ustionato dal quadro elettrico esploso: condannato il titolare della Resin Plast

Ravenna

Scampato per un soffio a una morte orrenda. Investito dall’esplosione del quadro elettrico al quale stava lavorando. Fa ancora i conti con le conseguenze di quell’infortunio sul lavoro avvenuto il 25 marzo del 2019, un elettricista all’epoca 27enne. Ieri, per quanto accaduto alla Resin Plast di via Faentina, il legale rappresentante è stato condannato a 8 mesi (pena sospesa), mentre il legale rappresentante della Biesse Sistemi, datore di lavoro del ragazzo coinvolto nell’incidente, è stato assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di lesioni colpose. Questa la decisione presa nel pomeriggio dal giudice Cosimo Pedullà, che ha anche disposto una provvisionale di 100mila euro per l’elettricista, costituitasi parte civile con l’avvocato Andrea Ciani.

L’esplosione

Pensavano si trattasse di un guasto da ridere. Un banale fusibile da sostituire. Invece il giovane operaio inviato per la manutenzione si era trovato di fronte un problema serio: un interruttore manomesso, che si stava sciogliendo. Aveva fatto giusto in tempo a comunicarlo ai propri responsabili, che il quadro elettrico gli esplose di fronte, travolgendolo e procurandogli ustioni di terzo grado sul 70% del corpo.

La corrente - è emerso nel corso del processo - non era stata tolta dal quadro elettrico che azionava un turbomiscelatore dell’azienda specializzata in materiale plastico. Avrebbe comportato lo stop all’intera produzione dell’azienda. Circostanza che si è tradotta nelle accuse nei confronti del legale rappresentante della ditta di via Faentina, assistito dall’avvocato Antonio Baldacci del foro di Forlì, nei confronti del quale la procura aveva chiesto la condanna a 9 mesi.

L’interruttore manomesso

Per il titolare della Biesse Sistemi, rappresentato dai legali Ermanno Cicognani e Gianluca Alni, inizialmente accusato di non avere impartito al dipendente una delle principali disposizioni di sicurezza e cioè l’obbligo di staccare la corrente per qualunque tipo di intervento, è invece arrivata l’assoluzione. Era stato il dipendente stesso, inviato da solo a verificare il guasto, a informare i propri superiori circa la gravità del problema. Il suo capo si era allora affrettato con le raccomandazioni, dicendogli di non toccare nulla, chiedendogli di fare delle foto. Come poi emerso dalle indagini della Medicina del Lavoro, l’interruttore originario era stato rimpiazzato, affidando l’installazione a personale non qualificato, con un montaggio non a regola d’arte. Questa, secondo la ricostruzione, la causa dell’esplosione, e della fiammata che per poco non gli è costata la vita.

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