Ravenna. Torri Hamon, il Comune: «Salvarne una solo una suggestione»

Ravenna
  • 09 aprile 2024

RAVENNA. Sembra quasi impossibile salvare almeno una delle tue torri Hamon di Ravenna dalla demolizione. Nonostante la presa di posizione di diverse associazioni, tra cui Italia nostra, e l’impegno in Consiglio comunale di Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna che chiede, attraverso un question time discusso questo pomeriggio, una sorta di moral suasion nei confronti di Eni da parte del sindaco Michele De Pascale e di Autorità portuale affinché si accolli i costi per mantenerne in piedi almeno una. «La questione è più complessa di come la semplifica Ancisi», sottolinea l’assessore ai Lavori pubblici Federica Del Conte: certo, «il senso di affezione a queste opere e di ricordo della storia della città c’è. Sono un simbolo di un periodo». E, prosegue, «c’è sempre stata da parte delle amministrazioni» la volontà di creare «una possibilità di promuovere una valorizzazione dell’archeologia industriale, dando opportunità affinché i privati potessero intervenire». Come è successo per l’ex zuccherificio di Classe, per l’Amagià e per interventi minori.

Tuttavia «qui la situazione è complessa anche per la posizione e il suolo». Infatti, continua Del Conte, tutta l’area ex Sarom è stata bonificata: l’operazione sta giungendo al termine con una «classificazione in classe B» non compatibile per usi civili, parchi e aree pubbliche. «Siamo in un zona con la vicinanza di aree a rischio rilevante. C’è una serie di elementi per cui fino a oggi non è stato possibile arrivare a un uso civile e a un riutilizzo dei manufatti». Un’opera tra l’altro non solo dai costi alti ma anche dai tempi lunghi dato che per l’ex caserma Dante Alighieri, «un ambito più piccolo», il cantiere è stato bloccato per diversi anni per la bonifica e la classe A.

«Siamo ancora in corso», fa notare l’assessore, ribadendo inoltre che «i beni non sono vincolati o tutelati dalla Soprintendenza». Per la demolizione, aggiunge, «serve solo la Cila per manufatti del genere, l’inizio di lavori asseverata, e nessun tipo di giustificazione. Eni ha fatto sicuramente uno studio ma non doveva essere allegato». Le torri risalgono agli anni ‘60 e dalla ricerca sulle relative pratiche edilizie non è emerso nessun vincolo, anche il tempo dei 70 anni, «che forse non c’è». Inoltre si applica a beni di proprietà pubblica e «qui la proprietà è privata». Insomma gli uffici non hanno potuto respingere o sospendere l’istruttoria e «salvarne una non va a cambiare le condizioni- conclude l’assessore- è una suggestione che non trova riscontro con costi e spese e fattibilità per usi diversi. Sembra impossibile restituire le aree a un utilizzo diverso per quello per cui sono state realizzate».

Per Ancisi «si mena il can per l’aia». Fino a ieri, argomenta il civico, si diceva che tenerne in piedi una è costoso, «oggi l’assessore dice che ci sono norme che impediscono un uso diverso. Ma deve solo rimanere lì». Occorre fare valere su Eni «la capacità di confronto del sindaco e di Autorità portuale», anche perché il Cane a sei zampe «deve molto a Ravenna e non dovrebbe sottrarsi a un piccolo sforzo per mettere in sicurezza la torre». Dunque, termina Ancisi, «se il tema interessa a chi amministra la città non c’è nulla che vieta di metterne in sicurezza una senza interferire con il progetto di parco fotovoltaico dell’Autorità portuale».

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