Ravenna, rifiuti: condannata l'Autorità portuale

Ravenna


Il Piano di raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi del porto di Ravenna, elaborato dall’Autorità portuale e approvato dalla Regione nel 2016, va cambiato. Il Tar dell’Emilia-Romagna l’11 gennaio scorso ha infatti accolto il ricorso della società Simap (concessionaria del servizio di ritiro e trasporto dei rifiuti solidi prodotti dalle navi) che lamentava il fatto che il regolamento non fosse conforme. In pratica, contestava il fatto che i rifiuti delle imbarcazioni fossero assimilati ai rifiuti urbani, scontrandosi con quanto legiferato dal Comune di Ravenna. Così ora il regolamento dovrà essere rifatto, come peraltro disposto anche da un recente decreto.

La vicenda nasce da una vertenza del 2016. Un armatore da crociera pretendeva proprio di classificare determinati rifiuti come assimilabili agli urbani invece che speciali non pericolosi, cosa prevista dal vecchio Piano. La Simap, tutelata dagli avvocati Rosalisa Riverso, Filippo Bianchini e Raffaele Merangolo, insisteva affinché venissero applicate regole sulla gestione dei rifiuti in ambito portuale, in conformità con i regolamenti europei ai quali si era uniformato anche il Comune.
Come sottolineano i giudici, il procedimento di formazione del nuovo Piano di raccolta «doveva tenere in specifico conto che il Comune di Ravenna, con una puntuale previsione, aveva escluso l’assimilazione agli urbani dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico». Anche perché l’Autorità di sistema portuale era «ben consapevole del conflitto, avendolo superato, seppur in via transitoria», con una nuova ordinanza «la quale aveva preso atto della contemporanea vigenza di due regolamentazioni contrastanti». Per i giudici, «il Piano non ne ha in alcun modo tenuto conto, né risultano compiuti approfondimenti specifici che avrebbero dovuto coinvolgere il gestore direttamente interessato».

Tutto ciò viene anche confermato dal bando pubblicato il 31 agosto del 2017 per l’affidamento in concessione del servizio, vinto nuovamente dalla Simap. Insomma, sentenzia il Tar, «il Piano oggetto di gravame ha in modo improvvido bypassato l’antinomia tra la classificazione dei rifiuti dal medesimo disposta e quella enucleata nel regolamento dell’Ente locale, e gli attori pubblici competenti non hanno affrontato il tema controverso né vagliato possibili opzioni condivise».
Per cui viene accolto il ricorso e condannate Autorità e Regione a pagare 2.500 euro a testa a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri di legge.

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