RAVENNA - In prima battuta hanno chiesto di annullare l’assegnazione di Ravenna quale porto sicuro per lo sbarco dei profughi. Poi, dopo l’approdo al terminal crociere di Porto Corsini il 25 settembre 2023, hanno fatto ripetutamente istanza di visionare gli atti attraverso i quali era stata presa quella decisione, senza però mai riceverli. Per questo la Ong Emergency e la società Prua Rossa Srl, armatrice della nave Life Support, hanno portato in tribunale i ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Interno, oltre al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto e alla Capitaneria di Ravenna. Salvo poi ripensarci a poche settimane dall’udienza, dichiarando di «non avere più interesse alla decisione sul ricorso» e chiedendone quindi la «improcedibilità». La vicenda giudiziaria emerge da una sentenza della sezione terza del Tribunale amministrativo regionale pubblicata in questi giorni: il Tar non ha potuto fare altro che accogliere l’istanza di Emergency e Prua Rossa, sottolineando che il giudice non ha il potere di procedere d’ufficio quando non si rileva «una giurisdizione di tipo oggettivo volta all’accertamento della illegittimità degli atti in assenza di specifico interesse di parte».
Tuttavia, anche in virtù dell’adesione da parte dei ministeri e delle capitanerie, è stata disposta la compensazione delle spese di lite «tenuto conto della natura della controversia». Una sentenza, quindi, che pare lasciare aperti futuri spiragli per eventuali analoghi ricorsi, non fosse altro perché Ong e società armatrice questa volta hanno chiesto di chiudere la questione, essendo passati oltre due anni dallo sbarco del settembre 2023, impedendo così al giudice di entrare nel merito della questione.
I fatti al centro del ricorso si erano susseguiti senza soluzione di continuità nella notte del 21 settembre 2023, quando alle 21.11 il Comando generale delle capitanerie di porto comunicò al capitano della nave che il Viminale aveva indicato il porto di Ravenna quale approdo sicuro «per motivi di ordine pubblico, sicurezza e protezione e in base alle esigenze del sistema degli hotspot». La Life Support, a questo punto, deve aver palesato le proprie perplessità sulla decisione, perché dopo alcune ore, alle 00.26, dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo era stata ribadita la richiesta di «procedere senza ritardo, con rotta diretta e alla massima e continua velocità sostenibile verso il porto indicato».
Di queste due comunicazioni, con valore di provvedimento, Emergency e Prua Rossa avevano chiesto l’annullamento, insieme a una serie di atti, anche interni, che riguardavano invece le richieste presentate alle autorità nei mesi successivi: in sostanza, la Ong voleva accedere alle carte in base alle quali era stato designato proprio il porto di Ravenna. In un caso, il 3 novembre 2023, il Ministero dell’Interno ha risposto che tali atti «non si ritengono ostensibili»; in un altro, il 13 novembre, la Capitaneria di porto di Ravenna ha comunicato di «non disporre di documenti riguardanti le motivazioni con le quali si è proceduto all’individuazione».
A bordo della Life Support, in quella occasione, c’erano 28 naufraghi, di cui 9 donne e 8 minori, provenienti da Siria, Egitto e Libia, soccorsi in acque internazionali in zona Sar (Search and rescue, Ricerca e salvataggio) maltese. Anche nei giorni che precedettero lo sbarco non mancarono le polemiche mosse nei confronti del governo da parte del capomissione della nave, Emanuele Nannini: «Ravenna si trova a più di quattro giorni di navigazione dal punto in cui abbiamo effettuato il soccorso: giorni in cui la Life Support si è trovata lontana dall’area operativa – dichiarò subito dopo aver ricevuto l’indicazione del Viminale –. Inoltre sono quattro ulteriori giorni di navigazione per le 28 persone soccorse che erano già in acqua da più di 48 ore. Inspiegabile che ci vengano assegnati porti così lontani, soprattutto quando non ci sono altre navi di soccorso nella zona operativa. La scusa del governo per assegnarci questo porto è di non mettere in difficoltà i porti italiani, ma ci sembra difficile che 28 persone possano mettere in difficoltà qualsiasi porto».