Ravenna. Palpeggiata durante il bagno al mare: lo zio condannato a 4 anni e mezzo

“Tuo padre e la sua compagna sono a passeggiare, la zia è in spiaggia. Siamo solo io e te”. A sentire lo zio pronunciare queste parole, lei, appena 17enne, si è come paralizzata. E per mesi avrebbe tenuto segreto quanto accaduto in acqua durante la breve vacanza al mare con i parenti, prima di confidare gli abusi sessuali subiti. Ieri, per i fatti accaduti verso la fine di agosto del 2022 a Lido di Dante, il tribunale di Ravenna ha condannato a 4 anni e 6 mesi un 36enne residente a Como, a conclusione del processo che lo vedeva accusato di violenza sessuale aggravata. Il collegio penale presieduto dal giudice Antonella Guidomei (a latere Natalia Finzi e Cosimo Pedullà) ha anche disposto l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e il risarcimento di 15mila euro per la giovane, costituitasi parte civile con l’avvocato Francesca Maria Chiaravallotti del foro di Bologna.
Le molestie durante il bagno
I fatti risalgono al 26 agosto di ormai tre anni fa. La giovane era ospite della zia materna e del marito della donna, insieme al padre. Alloggiavano tutti nei bungalow di un campeggio. Sono quattro gli episodi contestati: li ha raccontati a suo tempo dalla ragazza con dovizia di dettagli - ritenuti dall’accusa precisi e circostanziati - nel corso dell’incidente probatorio durante le indagini preliminari. Ha ricordato gli iniziali apprezzamenti fisici fatti dal compagno della zia, seguiti da domande indiscrete e confidenze sulle rispettive esperienze sessuali. Poi ha riferito del bagno al mare, circostanza nella quale sarebbero avvenuti i palpeggiamenti approfittando dell’assenza del resto della comitiva. Lo zio si sarebbe avvicinato in due diversi momenti, succedutisi nella stessa giornata; con la scusa di immergersi per raccogliere alcune conchiglie, l’avrebbe toccata nelle parti intime, nascosto sotto la superficie dell’acqua. «Era come se non ci fossi, come se si fosse spento qualcosa dentro di me», ha riferito nel corso dell’audizione protetta, spiegando di essere rimasta paralizzata per un tempo percepito da lei in una quindicina di minuti, e di avere trascorso anche i giorni successivi come afflitta in una sorta di senso di impotenza. D’altra parte - ha poi spiegato - lo stesso 36enne l’avrebbe supplicata di non raccontare nulla a nessuno men che meno alla zia, perché - così le aveva detto - avrebbe ucciso tutti e due.
Ai palpeggiamenti in acqua sarebbero seguiti anche altri abusi nel camping, dove, seduto sul divano del bungalow, mentre il resto della famiglia si trovava in un’altra stanza, l’uomo si sarebbe lasciato andare ad altri apprezzamenti e gesti espliciti.
La denuncia tre mesi dopo
Al ritorno , in auto col padre, la ragazza era rimasta in silenzio. Lei, descritta come «solare e serena», si era misteriosamente incupita. Si era confidata solo con un’amica, cancellando poi i messaggi per timore che lo zio potesse chiederle di mostrarglieli. Infine, trascorsi tre mesi - un tempo coerente per rielaborare il trauma dell’accaduto, ha rimarcato il sostituto procuratore Francesco Coco - ha raccontato tutto alla madre, che informando anche il padre ha fatto partire la denuncia nell’ottobre 2022.
Conclusa la ricostruzione delle accuse, il pm ieri ha chiesto la condanna a 3 anni, prima di passare la parola alla parte civile e infine alla difesa dell’imputato. Nella sua arringa, l’avvocato Carlo Raffaglio ha definito poco credibile che lo zio si fosse lasciato andare ad apprezzamenti e comportamenti scabrosi a pochi passi dai parenti, contestando in toto le accuse. Di pare opposto i giudici, che si sono pronunciati con la sentenza di condanna.