Ravenna: "Foto pornografiche sul cellulare regalato alla nipotina di 6 anni", la nonna a processo

Ravenna

Foto pornografiche sul cellulare regalato a una bambina di 6 anni, che a sua volta sarebbe stata ritratta nuda o seminuda in scatti realizzati dalla nonna paterna: accuse per le quali la signora, una 62enne ravennate assistita dalle avvocate Emanuela Rijillo e Dina Costa, deve ora rispondere in tribunale del reato di detenzione di materiale pedopornografico. Come spiegato ieri mattina in aula dalla madre della piccola, chiamata a testimoniare di fronte al giudice monocratico Natalia Finzi, tutto ebbe inizio il 13 giugno del 2020. Ascoltando una telefonata in viva voce tra la figlia e il padre, la donna rimane colpita da una frase pronunciata dall’ex compagno: «La nonna ti vede». A cosa faceva riferimento l’uomo? Una breve ricerca su internet, e la madre capisce: su Facebook è presente un profilo con nome e cognome della bambina, ma le credenziali di accesso, indirizzo mail e password, sono quelle della nonna. La madre vuole vederci chiaro e controlla anche il cellulare che solo un mese prima la 62enne aveva regalato alla minore, trovando nella galleria una serie di immagini spinte: vibratori, ma anche adulti in atteggiamenti sessualmente espliciti. Il giorno stesso vengono chiamati i carabinieri, che invitano la madre della bambina a sporgere denuncia. Inizia così la seconda parte della vicenda: la piccola viene affidata al supporto di una psicologa, che già dal 2019 la seguiva per aiutarla ad affrontare la separazione dei genitori. È stata proprio la professionista, rispondendo alle domande formulate con tatto dal sostituto procuratore Angela Scorza, a riferire al giudice quanto raccontato dalla bimba durante le sedute. «Quando siamo entrate nell’argomento delle foto - ha detto - si è agitata molto, ma non riusciva a parlarne. Allora le ho consigliato di scrivere». E sul foglio è apparsa la scritta “Ero nuda”. La bambina avrebbe poi spiegato alla psicologa di essere stata spinta dalla nonna a indossare i suoi vestiti, calzare tacchi e truccarsi, per poi alludere a «giochi brutti». E la «vergogna» dichiarata in quel primo colloquio si sarebbe ripetuta tutte le volte in cui, successivamente, veniva introdotto il tema delle foto, limitandosi ad accennare, in altre occasioni, al fatto di essere stata ritratta «senza maglietta»: «Una agitazione - ha affermato la psicologa in tribunale - che mi lascia intendere che ci sia qualcosa di non detto». Il materiale individuato dagli uomini della squadra mobile nel cellulare della nonna costituirebbe invece il nucleo centrale dell’impianto accusatorio teorizzato dalla Procura: ieri in aula il tema è stato toccato in breve, con un agente a confermare la presenza di «riscontri» in questo senso nel telefono della 62enne. A fornire ulteriori dettagli sarà colui che ha svolto le indagini direttamente sul cellulare incriminato, chiamato a testimoniare nella prossima udienza, in programma tra meno di un mese: in quella stessa occasione il giudice sentirà anche le conclusioni dei due periti nominati dalle parti, mentre resta ancora da capire se l’imputata deciderà o meno di sottoporsi all’esame.

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