RAVENNA - Potrà tornare al suo posto di lavoro e l’azienda che lo aveva fatto fuori dovrà risarcirlo corrispondendogli le mensilità non versate in questi mesi. Così ha deciso il giudice del lavoro Dario Bernardi in merito alla vicenda che vedeva protagonista un operaio da tempo ammalato e risalente allo scorso maggio: il lavoratore non aveva rinnovato il certificato medico e aveva chiesto di coprire l’assenza con le ferie, durante le quali aveva subito anche un ricovero d’urgenza in ospedale. Trascorsi quattordici giorni, pur presentando un nuovo certificato medico, l’azienda ha risolto il rapporto di lavoro invocando le presunte dimissioni del lavoratore, che sarebbe stato un assente ingiustificato: una circostanza, questa, prevista dalle modifiche apportate nel 2024 alle leggi in materia di lavoro.
Tuttavia, secondo la recente sentenza, sia la legge vecchia che quella nuova, in materia di licenziamento e risoluzione dei rapporti di lavoro, presentano diverse pecche sotto il profilo formale. Al netto di queste, osserva il tribunale, per la normativa attuale servono «almeno 15 giorni di assenza ingiustificata per potersi attivare la presunzione legale assoluta di intento dimissionario». Mentre nel caso del lavoratore ravennate ne erano trascorsi solo 14. E così la procedura attivata dall’azienda risulta per il giudice «oltre che assolutamente improvvida» anche «illegittima». Ne deriva, a cascata, che nemmeno si possa parlare di licenziamento in senso stretto e, anzi, il rapporto di lavoro è «da considerarsi mai cessato». La sentenza stabilisce così che il lavoratore, tutelato dall’avvocato Mauro Silvestri, avrà diritto «al risarcimento del danno» da parametrare sulla base delle retribuzioni omesse, pari a circa 2.400 euro al mese, compresi i ratei di tredicesima e quattordicesima.
«Una sentenza che restituisce giustizia al lavoratore, lasciato per otto mesi senza stipendio e senza l’assegno di disoccupazione - commenta il Sindacato generale di base - ma che rende evidente come una legge, presentata come rimedio contro “i furbetti della NASpI”, non sia altro che l’ennesimo strumento concesso ai padroni per licenziamenti facili e arbitrari».