Ravenna, Maila uccise il compagno col coltello e non fu un incidente
Quel coltello con una lama da oltre venti centimetri non era stato trovato per caso da Maila Conti, nel corso di una lite con il suo compagno Leonardo Politi, ma era stato inevitabilmente cercato. Poi, dopo averlo impugnato «con saldezza» aveva sferrato «con forza» un colpo all’uomo, attraversando tutto l’addome e lacerando la “vena porta” sino a ledere il fegato. La conseguenza era stata un’emorragia rapida e fatale e «nessuno – scrive la corte d’Assise che il primo febbraio ha condannato la donna a 21 anni di carcere per omicidio – anche se estraneo all’anatomia umana, potrebbe ignorare che affondando un coltello quale quello all’interno dell’addome di una persona si possa cagionarne la morte». Insomma, secondo la corte presieduta dal giudice Cecilia Calandra, a latere Antonella Guidomei, la piacentina Maila Conti, quella tragica sera del 19 agosto di due anni fa dentro un chiosco di Lido Adriano, sapeva bene cosa stava facendo. In quasi quaranta pagine di motivazioni, i giudici tracciano il profilo di una coppia sicuramente afflitta da tanti problemi. Prima di tutto, senza alcun dubbio, quello dell’alcolismo, che li portava molto spesso a litigare. Tuttavia, ciò che emerge è anche il contorno di una donna, Maila Conti, che «non era affatto la vittima malata ed inerme» – come aveva tentato di far emergere nel corso del suo esame in udienza – «incapace di opporsi o reagire». Se Politi nella sua vita non aveva mai subito denunce o condanne per atti violenti, l’imputata difesa dall’avvocato Carlo Benini era invece segnalata per rapina, violenza o resistenza a pubblico ufficiale e le erano state inflitte condanne per lesioni e stalking. Il profilo tracciato dai giudici è quello di una donna dalla forte personalità, capace anche di mentire per raggiungere i suoi scopi.