Ravenna, l’istruttrice del sub disperso: “Non gli diedi il brevetto”

RAVENNA - Un’altra giornata di ricerche. Nulla di fatto. E le speranze sprofondano nel più triste degli epiloghi, laggiù, in quel buio polveroso che sono le acque del relitto del Paguro, dove probabilmente giace il corpo di Ugo Coppola. Cinquantaquattro anni, proveniente da Pescara, dove viveva con la madre, faceva l’insegnante e aveva inseguito per anni il sogno del brevetto per poter fare immersioni come quella organizzata mercoledì mattina dal Dive Planet di Rimini nella piattaforma metanifera inabissatasi nel tragico incidente del 28 settembre del 1965. Una passione che si era però scontrata con più di un ostacolo durante i corsi abilitanti. Fra tutti il consiglio di un’istruttrice, che notando le sue difficoltà si rifiutò di portare a termine la formazione allontanandolo dall’associazione.
Al telefono Claudia Minciarelli, della Scuola Sub Loto di Pescara, sembra non stupirsi affatto nell’apprendere il nome dell’ex allievo disperso. «Frequentò i corsi, se non ricordo male nel periodo pre-covid. Non gli rilasciai il brevetto». Non nasconde un certo imbarazzo nel proseguire la conversazione. «Aveva serie difficoltà, sia di carattere manuale nel gestire l’attrezzatura, sia di tipo mentale nell’affrontare le tecniche. Decisi di non fargli nemmeno terminare il corso di immersioni in piscina. Quando glielo dissi ebbe una reazione forte, si mise i pugni in testa». L’istruttrice ricorda ancora le parole di quegli attimi: «Mi disse che per un’immersione sarebbe disposto a morire, insistendo per pagare pur di ottenere la licenza. Così gli risposi in maniera diretta, prima di allontanarlo dall’associazione, dicendogli che se voleva suicidarsi avrebbe dovuto farlo con qualcun altro».
Alla fine Ugo il suo sogno lo ha realizzato, ma altrove, in un altro centro fuori Pescara. «Lo abbiamo appreso vedendo un suo post nel quale annunciava che aveva raggiunto l’abilitazione. Purtroppo mi spiace dirlo, ma abbiamo pensato tutti che fosse questione di tempo e che fosse una tragedia annunciata».
Il 54enne, va detto, aveva tutte le licenze, quantomeno sulla carta, per affrontare quella tipologia di immersione. Era partito da solo in auto, per raggiungere Rimini e unirsi al gruppo di 22 persone che nella mattinata di mercoledì è salpato verso la piattaforma, a circa 12 miglia al largo della costa ravennate. Qui, intorno alle 13.30, quando i 50 minuti di immersione sono volti al termine, la comitiva ha subito notato la sua mancanza, dando l’allarme e facendo scattare le ricerche della guardia costiera di Ravenna, Cesenatico e Rimini, con sommozzatori del Roan e della Guardia di Finanza di Rimini, oltre ai vigili del fuoco. Ricerche alle quali ieri si sono uniti anche l’aereo Atr42 della Guardia Costiera di Pescara oltre agli uomini del nucleo subacqueo di San Benedetto del Tronto, che si sono concluse all’imbrunire per riprendere oggi all’alba.
Ci si concentra nel luogo dell’immersione, tra i cunicoli della piattaforma ormai divenuta habitat naturale. Ma anche nei dintorni, spostandosi a seconda delle correnti, a una profondità che oscilla tra gli 8 metri e supera i 30. Ma man mano che ci si avvicina a quota 20 metri sotto la superficie le acque dell’Adriatico cambiano. Tra i sub esperti della zona si dice che prima di quella soglia la visibilità sia ottima. Superati i 26 metri il mare diventa come latte. Ed è come nuotare alla cieca, nella consapevolezza che quella frase, pronunciata da Ugo ormai anni fa, non era che il più triste dei presagi.