Ravenna, investimenti fantasma. Una delle vittime: «Erano insospettabili, e noi in ginocchio. Così ci portarono in Romania»

Ravenna
  • 07 dicembre 2025

«Erano i nostri commercialisti, quelli che da quattro o cinque anni seguivano la contabilità della tabaccheria che gestivamo, persone di una certa età, con 40 anni di esperienza alle spalle. Insospettabili». A parlare è una delle vittime della presunta truffa milionaria che ha portato agli arresti domiciliari per Flavia Valmorra e Roberto Garavini, di 70 e 79 anni, soci della Setam, centro elaborazione dati, consulenza, paghe, redditi e 730 con sede in via Amalasunta a Ravenna. Preferisce non uscire con nome e cognome perché comprensibilmente teme possibili ripercussioni nel corso di un’indagine tuttora aperta. Oltre ai due consulenti ravennati c’è infatti un terzo indagato, il 69enne trevigiano Parisio Candelù, finito in carcere come disposto dal giudice per le indagini preliminari Corrado Schiaretti nell’ordinanza che dà conto degli sviluppi dell’inchiesta sugli investimenti truffa in Romania, condotta dal procuratore capo Daniele Barberini e dal pm Monica Gargiulo.

Contattato telefonicamente dal Corriere Romagna, l’imprenditore caduto nella rete degli investimenti fantasma racconta gli sviluppi di un presunto raggiro ad ampia scala: «Come noi - puntualizza - tantissime altre persone ci sono cascate, provenienti da ogni parte d’Italia». Avevano tutte qualcosa in comune: chi si stava separando, chi aveva un’azienda in difficoltà.

«Noi eravamo alluvionati». L’incubo inizia infatti nel 2023, dopo durante i mesi in cui la Romagna era in ginocchio. «La nostra tabaccheria si trovava in via Narsete, a 500 metri dallo studio di consulenza. In quel momento eravamo emotivamente molto presi. Ci proposero un investimento di 22mila euro in due tranche. Rispondemmo inizialmente che non potevamo permettercelo, avevamo un metro e quaranta di acqua in casa... ci risposero “abbiamo pensato a voi proprio per questo”, rassicurandoci che avevano già fatto l’operazione con tanti altri clienti. C’era un rapporto di fiducia. Erano peraltro persone attive anche in due note associazioni benefiche. In quel caso, o ti fidi o togli tutta la gestione dalla loro attività e ti rivolgi ad altri». La promessa era chiara: in un mese/mese e mezzo l’investimento avrebbe aggiunto uno zero alla cifra inizialmente versata. Come? Tramite un’operazione in Romania. «Ci portarono a Bucarest per aprire un conto corrente e una società là. Un’operazione credibilissima». Poi però i tempi si sono allungati. «Quando abbiamo iniziato a sollecitare hanno accampato scuse». Non è passato molto prima che l’ombra della truffa offuscasse l’operato dello studio.

A quel punto sono iniziate le ricerche effettuate in un primo momento via social: «Abbiamo controllato le amicizie, contattando le persone che secondo noi potevano trovarsi nella nostra stessa condizione e a quel punto il castello di carta è caduto. Quando abbiamo raccontato che attendavamo i nostri soldi da due o tre mesi, ci hanno risposto, “noi li aspettiamo da anni”».

Sulla scorta dell’esposto dell’imprenditore ravennate (ora tutelato dall’avvocato Carlo Benini), la Procura ha individuato un elenco di persone truffate affidando le indagini al Nucleo Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Ravenna, arrivando a disporre un sequestro preventivo pari a un milione di euro ipotizzando i reati di truffa e abusivismo finanziario per un importo che supera i 100 milioni. «Solo noi - conclude la vittima - ne abbiamo rintracciate una ventina da tutta Italia». Un numero poi salito a 60, con almeno 50 aziende aperte in Romania.

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