Ravenna, il ricordo degli internati italiani: medaglie d’onore consegnate ai discendenti

Ravenna

RAVENNA - Ci fu chi, come Lino Dal Bosco, esternò tutta la sua rabbia nei confronti dei tedeschi, ottenendo il loro rispetto. O come chi, come Lorenzo Gorini, di cui non si sa praticamente nulla e si conserva con amore l’unica foto. Oppure ancora chi, come Francesco Passaretta, scelse di non raccontare nulla di quei terribili anni. O anche chi, come Mario Rivola, scrisse le sue memorie per non dimenticare. O chi, come Edoardo Santarelli, che ad Amburgo riuscì a fare amicizia con i suoi carcerieri, grazie al lavoro di barbiere. O, infine, chi, come Domenico Bartolotti, di cui i parenti preferiscono non raccontare nulla: «Come lui, abbiamo deciso abbassare per sempre la saracinesca». Tante storie, emozionanti e commoventi, che raccontano di come alcune persone comuni, travolte dagli eventi della storia, abbiano affrontato con coraggio, silenzio o tenacia una delle pagine più buie del Novecento. Ognuno con la propria voce – o con il proprio silenzio – ha lasciato un’eredità che oggi torna a risuonare, grazie alla Giornata degli Internati Italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, istituita con la legge numero 6 del 13 gennaio 2025.

Ieri mattina, nel Salone degli Stemmi della Prefettura, si è tenuta la cerimonia ufficiale per la consegna delle Medaglie d’Onore conferite ai familiari di otto cittadini italiani – militari e civili – deportati nei lager nazisti dopo l’8 settembre 1943 e costretti al lavoro coatto per l’economia bellica del Terzo Reich. Le onorificenze sono state assegnate alla memoria di Luigi Amici (Comune di Bagnacavallo), Domenico Bartolotti (Fusignano), Ercole Lino Dal Bosco (Bagnara), Lorenzo Gorini (Cotignola), Secondo Pagani (Cotignola), Francesco Passaretta (Riolo Terme), Mario Rivola (Casola Valsenio) ed Edoardo Santarelli (Ravenna).

Durante la cerimonia, alla quale hanno partecipato i sindaci o gli assessori dei rispettivi comuni di residenza degli internati, il prefetto Giovanni Ricciardi ha voluto ricordare con parole intense il significato di questa giornata e il valore del ricordo. «Questi riconoscimenti non sono soltanto un gesto simbolico, ma un impegno concreto a non dimenticare mai le atrocità del passato, affinché simili tragedie non abbiano mai più a ripetersi. La memoria di quegli uomini e donne, che hanno affrontato con coraggio il dolore e la privazione della libertà, deve essere custodita e trasmessa soprattutto alle nuove generazioni, perché possano costruire un futuro fondato sui valori della pace, del rispetto e dei diritti umani».

La Medaglia d’Onore, istituita con legge dello Stato nel 2006, è conferita dal presidente della Repubblica e realizzata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Il riconoscimento, di natura esclusivamente morale e simbolica, viene assegnato su richiesta dei familiari, previa istruttoria nel Comitato Riconoscimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta di un gesto che non può colmare il dolore, ma che rende finalmente giustizia a chi per decenni è rimasto nel silenzio della memoria domestica. La Giornata degli Internati, istituita ufficialmente nel 2025, nasce con l’obiettivo di restituire dignità e memoria a migliaia di italiani – più di 600mila – che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, furono catturati dai tedeschi, spesso traditi dai loro stessi alleati, e rinchiusi nei campi di prigionia e lavoro coatto in Germania, Polonia o Austria. Lì vissero per mesi, in condizioni disumane, privati della libertà, del nome, della patria. Molti morirono. Chi tornò, spesso, lo fece con le cicatrici dell’anima.

La giornata celebrata ieri non è solo un tributo, ma una chiamata collettiva alla responsabilità della memoria. A ricordare che la libertà, la pace, i diritti – quelli che oggi diamo per scontati – furono negati a tanti. E che solo mantenendo viva la testimonianza di chi ha sofferto possiamo costruire una società capace di riconoscere e prevenire ogni forma di odio, discriminazione e violenza. «È nostro dovere morale mantenere viva la loro memoria e continuare a lavorare insieme per una società più giusta e solidale», ha concluso il prefetto Ricciardi.

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