Ravenna, il prezzo dell'inflazione: "Persi 600 milioni"

Ravenna

RAVENNA - La crisi legata all’inflazione e all’impennata dei costi energetici potrebbe produrre nel Ravennate ancora più danni, in termini economici e sociali, della pandemia. Parola dell’economista Massimo D’Angelillo, della società Genesis, che analizza gli effetti che l’attuale contesto potrebbe avere sul territorio nell’anno appena iniziato. «L’inflazione ha un impatto fortissimo sulla capacità di spesa delle famiglie e dei pensionati – spiega –, soprattutto in territori come quello Ravennate che storicamente mostrano una grande propensione al risparmio. I dati forniti dall’Istat mostrano un’inflazione che nell’arco di un anno è cresciuta dell’8,1%, andando a intaccare la ricchezza degli italiani. Nelle banche della provincia di Ravenna sono parcheggiati, in conti corrente, 7,5 miliardi di euro. Questo significa che, per effetto della crescita dei prezzi, nell’arco di un anno i ravennati hanno perso un patrimonio superiore ai 600 milioni. Statisticamente, chi ha deciso di investire in Borsa è andato pure peggio, visto che Milano nel corso dell’anno ha perso il 18,6%».

Anche la svalutazione dell’euro (-11,4% in un anno) impoverisce, quando si acquistano prodotti quotati in dollari (ad esempio un computer) e quando si viaggia per turismo fuori dall’area euro. D’Angelillo sottolinea che l’inflazione colpisce praticamente tutti, anche coloro che erano stati in parte risparmiati dagli effetti economici conseguenti alla pandemia: «Il Covid non aveva intaccato la capacità di spesa dei pensionati e dei dipendenti pubblici – spiega –, ma questa volta non è così. Crolla il potere d’acquisto e questo avrà effetti molto depressivi per quanto riguarda la domanda. Si rischiano pesanti contraccolpi sul commercio. In questi giorni sulla stampa locale c’è un ampio dibattito sulle chiusure dei negozi che si registrano a Ravenna. Purtroppo l’inflazione aggraverà ancora di più la situazione. Storicamente i risparmiatori tendono a risparmiare ancora di più nei momenti di crisi, quindi si rischia un’ulteriore contrazione della domanda. Bar, ristoranti, negozi di abbigliamento potrebbero andare in contro ad un ulteriore periodo di difficoltà».

Altro tema importante è la difficoltà di fare quadrare i conti degli enti locali: «I costi energetici e l’inflazione elevata impattano anche sui bilanci pubblici – spiega l’economista – che saranno costretti a tagliare sui servizi, producendo ulteriori difficoltà per i cittadini. Come sarà il 2023? Temo che dovremo affrontare un anno fiacco. Con un sensibile calo della domanda privata, l’economia non potrà andare bene. Anche sul territorio ravennate le categorie produttive più esposte alla recessione saranno quelle particolarmente energivore. Abbiamo già assistito a chiusure di forni e pasticcerie, ma a risentirne sarà anche il settore dell’ortofrutta e delle ceramiche di Faenza. Le altre imprese tendono inevitabilmente a scaricare gli aumenti dei costi energetici sui prezzi (dal caffè al bar al parrucchiere). I lavoratori dipendenti vedono erodersi il potere d’acquisto e reagiranno sindacalmente, oltre che riducendo la spesa. Non possiamo sapere fino a quando perdurerà questa situazione che è stata scatenata dal conflitto in Ucraina ed ora è scandita dalla guerra commerciale tra Europa e Russia. Il 2022 aveva tutte le premesse per presentarsi come l’anno della rinascita e in parte aveva mantenuto le premesse. Ma il conflitto alle porte dell’Europa ha cambiato tutto, facendoci passare da una crisi dettata dal Covid, a una crisi conseguente a un conflitto militare. Quest’ultima, in termini economici, mi spaventa ancora di più».

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