Ravenna, il consumo di suolo si è impennato dopo il 2017

Ravenna
  • 26 ottobre 2025

RAVENNA - Una corsa contro il tempo per edificare prima dello stop definitivo alle nuove lottizzazioni. È questo l’effetto paradossale provocato a Ravenna dalla legge regionale sul “consumo di suolo zero”, approvata dalla Regione Emilia-Romagna nel 2017. La normativa, pensata per tutelare il territorio, ha previsto una fase transitoria che ha spinto i privati a portare avanti i progetti urbanistici già avviati, accelerando le cementificazioni. A Ravenna, in quel periodo, fu approvato il secondo Poc (piano operativo comunale), nel quale rientrarono numerosi interventi edilizi. Una scelta che allora fu contestata dalle opposizioni.

Secondo i dati Ispra, tra il 2012 e il 2015 in provincia di Ravenna furono consumati 195,38 ettari di suolo, circa 48 all’anno. Il dato rimase contenuto anche nel 2016 (26,82 ettari) e nel 2017. Tuttavia, dal 2018 il ritmo è cresciuto in modo deciso, con l’unica eccezione del 2022. Nel 2023 e nel 2024 si è registrata una nuova impennata, nonostante alcuni progetti siano stati bloccati dopo l’alluvione. Il 2024 ha segnato un record: 158,06 ettari di suolo cementificato, il dato più alto mai registrato. Da notare che si tratta di consumo netto, ovvero al netto delle rinaturalizzazioni: 173 ettari trasformati meno 15 ettari recuperati. La sproporzione resta quindi marcata.

Se la legge regionale produrrà i risultati attesi, nei prossimi anni si dovrebbe assistere a una riduzione della cementificazione, anche grazie all’approvazione del nuovo Pug (piano urbanistico generale), in fase di finalizzazione che recepirà le nuove normative. La Regione Emilia-Romagna ha evidenziato i primi effetti della norma: al termine del periodo transitorio, sull’intero territorio regionale, sono stati tagliati definitivamente 21.100 ettari di consumo di suolo rispetto ai 26.666 previsti nei vecchi strumenti urbanistici. L’obiettivo ora è la rigenerazione urbana e la valorizzazione delle aree già compromesse.

Attualmente il suolo consumato rappresenta circa il 10% del territorio provinciale. I comuni con maggiore urbanizzazione sono Sant’Agata sul Santerno (16,29%), Cervia (15,85%), Cotignola (14,34%), Russi (14%), Lugo (13,26%), Castel Bolognese (13,06%), Fusignano (12,74%) e Massa Lombarda (12,29%). Seguono Bagnara di Romagna (11,93%), Faenza (11,75%), Ravenna (11,57%), Conselice (10,68%), Bagnacavallo (10,23%) e Solarolo (10,04%). Chiudono la classifica Alfonsine (7,87%), Riolo Terme (7,12%) e i comuni collinari come Brisighella (3,78%) e Casola Valsenio (3,65%).

A preoccupare è soprattutto la situazione della costa. A Cervia oltre il 15% del territorio è ormai coperto da costruzioni. Un trend che si ripete lungo tutta la riviera romagnola. Il rapporto Ispra sottolinea che nei primi 300 metri dalla linea di costa, in Italia, il suolo consumato è oltre tre volte superiore alla media nazionale. In Emilia-Romagna, la percentuale sale al 35,67% nella fascia tra 300 e 1.000 metri dal mare. Un dato che riflette la forte urbanizzazione legata allo sviluppo turistico del dopoguerra, ma che oggi rende questi territori estremamente vulnerabili all’erosione e alle mareggiate. Gli esperti avvertono: l’unica soluzione sostenibile nel lungo periodo potrebbe essere l’arretramento dei centri abitati. Una prospettiva difficile, ma sempre più necessaria.

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