Ravenna, da podere a simbolo: la storia della Monaldina di Gardini

Ravenna
  • 16 agosto 2025

RAVENNA - In un elenco, scritto a matita nel retro di una cartina risalente agli anni Quaranta, c’è tracciata tutta la storia della tenuta Monaldina, un enorme podere che fin dal 1600 si estendeva per 145 ettari alle porte di Ravenna, andando oltre anche a via Trieste e allo scolo Lama. Una storia che precede l’acquisizione dell’ultima porzione di terreno da parte di Raul Gardini, nella prima metà degli anni Ottanta, comprata da due soci, Ancarani e Montanari, ai quali in un secondo tempo si aggiunse Venturini, che ricoprì anche il ruolo di intermediario. In quel terreno, di circa cinque ettari, l’imprenditore avrebbe in pochi anni restaurato i fabbricati esistenti al suo interno, realizzando l’iconica villa che i suoi eredi hanno di recente messo sul mercato per 9,5 milioni di euro.

L’intera tenuta era negli anni Quaranta di proprietà dei Monaldini, antica famiglia nobile ravennate che trae origine all’epoca dei Longobardi, nell’VIII secolo, e che aveva altri importanti possedimenti, tra cui la villa che si affaccia sulla via Ravegnana, pochi chilometri dopo Ghibullo. Un fiore all’occhiello, questa, che è ancora oggi di proprietà dei discendenti della casata e in cui abita per gran parte del periodo primaverile ed estivo Giorgio Corbucci, assieme ai suoi familiari più stretti. Tre figli, pensionato, trascorre il resto dell’anno a Civitanova Marche, città in cui nel corso della sua vita lavorativa ha gestito una concessionaria auto. La parte della tenuta Monaldina venduta ai privati nel 1977 si estendeva per 32 ettari, occupando anche l’area dove sorge, giusto per fare un esempio, il Pala De André, struttura per fiere ed eventi sportivi donata da Gardini all’inizio degli anni Novanta. Era l’ultima porzione rimasta in mano ai Corbucci, che Giorgio, in giovane età, frequentava con regolarità «soprattutto per andare a caccia, in estate e in autunno», racconta. «Le costruzioni erano al servizio delle nostre aziende agricole – continua – e nel casolare (l’attuale villa, ndr) ci viveva il fattore, che ogni anno invitava la mia famiglia per fare un grande pranzo, in modo di festeggiare tutti assieme. Il fabbricato più importante era il magazzino (l’attuale residenza per il personale, ndr), che mio padre utilizzava in maniera spartana come stalla».

Una storia, quella della tenuta Monaldina, strettamente collegata a quella di una parte della Ravenna di oggi, che si presenta in maniera molto diversa dai lontani anni Quaranta, cambiando tra l’altro più volte pelle. «Nel 1949 – riprende Corbucci – la mia famiglia vendette alla Sarom quattro ettari di terreno, qualche anno dopo ben 52 ettari furono espropriati dall’Ente Delta, mentre nel 1956 altri 22 ettari furono venduti a Ina Case. Nel frattempo ci furono espropriati altri quattro ettari per realizzare il raccordo ferroviario che collega il porto San Vitale e nel 1970 la Sarom acquistò altri trenta ettari. Infine, nel 1977, ci fu la vendita dei 32 ettari ai due privati, ultima porzione rimasta di quella che allora era la tenuta Monaldina». E, da quel momento, iniziò un’altra storia che potrebbe terminare nei prossimi mesi, caratterizzata dalla proprietà della famiglia Gardini e della sua iconica villa, un simbolo di un breve ma importante capitolo di Ravenna.

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