Ravenna, caso Mib ora rischiano anche i lavoratori

Non ci sarebbero stati solo lavoratori truffati, ma anche dipendenti conniventi che, grazie alla disponibilità della società, riuscivano ad ottenere illecitamente l’indennità di disoccupazione. Scavando tra gli appunti, i file, le e-mail scambiate tra i titolari della ravennate Mib Service e i loro clienti, gli inquirenti stanno scoprendo, giorno dopo giorno, sempre nuovi tasselli di quell’azienda che, tramite un servizio di appalti fittizi del personale, avrebbe consentito un consistente risparmio fiscale a stabilimenti balneari, alberghi, ristoranti e discoteche di mezza Romagna. Le storture, come anticipato, non sarebbero solo state nel rapporto con i clienti, ma bensì anche nel rapporto di lavoro con i “propri dipendenti”, tra virgolette perché, come emerso dall’inchiesta, i lavoratori delle attività clienti sarebbero stato solo formalmente assunti dalla Mib, ma sostanzialmente rimanevano alle dipendenze delle singole imprese. Da qui la contestazione di appalto fittizio ma, soprattutto, di associazione per delinquere che grava sui quattro indagati: Andrea Bagnoli, Michele Mattioli, Christian Leonelli e Massimiliano Mattioli. Leggendo le e-mail, le fiamme gialle hanno scoperto una presunta truffa aggravata ai danni dell’Inps, che riguarda una serie di finti licenziamenti firmati dalla Mib per i lavoratori, al solo scopo di consentirgli di ottenere poi l’indennità di disoccupazione. Esplicativa, in particolare, è una mail del 12 dicembre 2016, nella quale un dipendente scrive agli uffici della Mib queste parole: «Avrei bisogno di effettuare il licenziamento per giusta causa per poi richiedere la disoccupazione. Grazie». In pratica, così facendo la Mib e i dipendenti avrebbero messo in atto una truffa ai danni dello Stato, lucrando su indennità di disoccupazione alle quali non avrebbero avuto diritto se fosse stata detta la verità, ossia che quei licenziamenti erano in realtà dimissioni volontarie. Le posizioni al vaglio, in questo caso, sono ventuno. Questo nuovo particolare si aggiunge all’altra presunta truffa ai danni sempre dell’Inps. Ossia quella derivante dall’uso smodato delle indennità di trasferta nel pagamento dei dipendenti da parte della Mib, che costituiva parte del vantaggio fiscale poi garantito ai clienti. Le trasferte (mai realmente fatte dai lavoratori), infatti, non sono assoggettate al pagamento dei contributi previdenziali. Per cercare di non far emergere gli illeciti, tra l’altro, ai dipendenti sarebbe stato consegnato una specie di manuale, nel quale veniva indicato cosa potevano o non potevano dire, fare o scrivere.